L’Italia, un «Paese anziano»

Il rapporto Ocse “Preventing ageing unequally” (Come prevenire l’ineguale invecchiamento) fotografa in maniera impietosa la situazione del Bel Paese: giovani più poveri e senza lavoro. Nel 2050 saremo la terza nazione più vecchia al mondo

Uno dei Paesi più vecchi al mondo. Il rapporto Ocse “Preventing ageing unequally” (Come prevenire l’ineguale invecchiamento) fotografa senza pietà un’Italia «anziana», che offre poche opportunità ai giovani e dove nel 20150 per ogni 100 persone tra i 20 e i 64 anni ci saranno 74 over 65. Vale a dire: tra poco più di 30 anni saremo il terzo Paese più vecchio al mondo, dopo Giappone e Spagna. Ancora, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, negli ultimi 30 anni il gap tra le vecchie generazioni e i giovani nel Bel Paese si è allargato. Il tasso di occupazione tra il 2000 e il 2016 è cresciuto del 23% nella fascia di 55-64 anni, dell’1% tra gli adulti di età media (54-25 anni) ed è crollato dell’11% tra i giovani (18-24 anni). Giovani, sottolinea l’Ocse, sempre più «intrappolati» in lavori “non standard” e che trovano difficoltà ad avere un lavoro stabile nel mercato.

Ad allargare ancora di più la forbice, dalla metà degli anni Ottanta il reddito degli anziani tra i 60 e i 64 anni è cresciuto del 25% più che tra i 30-34enni, a fronte di un gap medio nei Paesi Ocse nello stesso periodo del 13%. Inoltre il tasso di povertà è cresciuto tra i giovani, mentre è calato rapidamente tra gli anziani. Più nel dettaglio, il tasso di povertà nei Paesi Ocse è dell’11,4%, contro il 13,9% tra i giovani e il 10,6% tra i 66-75enni. In Italia poi l’ineguaglianza salariale nel corso della vita tende a trasformarsi in ineguaglianza previdenziale e questo è in larga parte dovuto alla «mancanza di una forte rete di sicurezza sociale»: nei Paesi Ocse in media l’85% dell’ineguaglianza salariale si trasforma in ineguaglianza previdenziale, mentre in Italia questo rapporto percentuale «è vicino al 100%».

Altra forbice significativa è quella tra i sessi: in Italia le donne percepiscono stipendi più bassi di oltre il 20% rispetto agli uomini. Non solo: sono spesso costrette a lasciare il mondo del lavoro per prendersi cura dei familiari. L’organizzazione di Parigi precisa che le donne percepiscono stipendi che sono di «oltre il 20% più bassi» di quelli degli uomini, e che nel nostro Paese la percentuale di persone oltre i 50 anni (in maggioranza donne) che si prendono cura dei loro cari è del 13%, contro il 5% della Svezia.

19 ottobre 2017