L’Italia ricorda il giudice Paolo Borsellino

Il 19 luglio 1992 l’attentato in via D’Amelio, a Palermo, che uccideva il magistrato e i 5 agenti della sua scorta, 57 giorni dopo la strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Falcone, sua moglie e i tre agenti di scorta. Il presidente Mattarella: «Dal suo ricordo, anelito di verità»

Era il 19 luglio 1992 – esattamente 57 giorni dopo la strage di Capaci nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesco Morvillo, anche lei magistrato, e i tre agenti di scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo – quando, alle 16.58, in via D’Amelio, a Palermo, Paolo Borsellino, collega e amico di Falcone, veniva ucciso dalla deflagrazione di una Fiat 126 carica di esplosivo. Appena sceso dall’auto, si apprestava a fare visita alla madre. Con lui, sono morti, ancora una volta, gli uomini della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Trent’anni dopo, l’Italia lo ricorda con fiaccolate manifestazioni, dibattiti, mostre e spettacoli, in ogni parte della Sicilia ma anche in tante altre regioni del Paese. Anche se sulle celebrazioni pesa la recente sentenza del processo a Caltanissetta sul cosiddetto depistaggio, con la prescrizione per due poliziotti e l’assoluzione per il terzo, che ha creato amarezza tra i familiari delle vittime. A parlare è il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino. «Avremmo voluto celebrare il trentesimo anniversario con una vittoria sulla mafia e quindi con la scoperta della verità, purtroppo sarà anche quest’anno solo un appuntamento rimandato – afferma -. Sono stati celebrati numerosi processi ma ancora attendiamo di conoscere tutti i nomi di coloro che hanno voluto le stragi del ’92-’93. Abbiamo chiaro che mani diverse hanno concorso con quelle di Cosa Nostra per commettere questi crimini ma chi conosce queste relazioni occulte resta vincolato al ricatto del silenzio». Quindi aggiunge: «Ora chiediamo noi il silenzio. Silenzio alle passerelle. Silenzio alla politica. Perché invece di fare tesoro di ciò che in questi trent’anni è successo, ci accorgiamo che la lotta alla mafia non fa più parte di nessun programma politico». Proprio per questo, spiega, «quest’anno la nostra giornata di memoria si intitolerà “Il Suono del Silenzio” e poiché niente deve poter rompere questo silenzio, se non la musica, ci sarà in via D’Amelio soltanto una pedana sopra la quale ci sarà un grande violoncellista, Luca Franzetti».

Fra gli appuntamenti in programma per oggi, l’incontro del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi con i ragazzi di Palermo che partecipano all’iniziativa “Coloriamo via d’Amelio”, organizzata dal Centro studi “Paolo e Rita Borsellino” e con gli studenti e i docenti dell’Istituto comprensivo “Antonio Ugo”. Ancora, l’omaggio delle autorità, con la corona d’alloro deposta dal capo della polizia Lamberto Giannini all’interno dell’ufficio scorte della Questura, e la Messa in cattedrale con l’arcivescovo Corrado Lorefice. In serata invece è in programma la tradizionale fiaccolata da  piazza Vittorio Veneto a via D’Amelio, organizzata dal Forum 19 luglio

«Paolo Borsellino, come Giovanni Falcone e altri magistrati, fu ucciso dalla mafia perché, con professionalità, rigore e determinazione, le aveva inferto un colpo durissimo, disvelandone la struttura organizzativa e l’attività criminale – è l’omaggio che arriva dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella -. La mafia li temeva perché avevano dimostrato che non era imbattibile e che la Repubblica era in grado di sconfiggerla con la forza del diritto». Ricordando anche gli agenti della scorta rimasti uccisi, il capo dello Stato riconosce il loro impegno «in difesa della legalità delle istituzioni democratiche». Paolo Borsellino, prosegue, «aveva ferma convinzione che il contrasto alla mafia si realizzasse efficacemente non solo attraverso la repressione penale ma soprattutto grazie a un radicale cambiamento culturale, a un impegno di rigenerazione civile, a cominciare dalla scuola e dalla società». Preservarne la memoria vuol dire dunque «rinnovare questo impegno nel tenace perseguimento del valore della legge, del diniego nei confronti del compromesso, dell’acquiescenza e dell’indifferenza che aprono la strada alla sopraffazione». Per Mattarella, «il suo ricordo impone di guardare alla realtà con spirito di verità, dal quale l’intera comunità non può prescindere. Quell’anelito di verità che è indispensabile nelle aule di giustizia affinché i processi ancora in corso disvelino appieno le responsabilità di quel crudele attentato e degli oscuri tentativi di deviare le indagini, consentendo così al Paese di fare luce sul proprio passato e poter progredire nel presente», è il riferimento al processo di Caltanissetta. A tutt’oggi infatti resta ancora da chiarire chi ha azionato la bomba, per esempio, o che fine ha fatto l’agenda rossa che il giudice portava sempre con sé.

19 luglio 2022