«Noi associazioni e centri studi italiani chiediamo la protezione dei difensori dei diritti umani, la fine dei coprifuoco e della censura su internet e sui media, il rispetto della libertà di espressione e del diritto a manifestare in modo pacifico per tutte e tutti gli iracheni». L’appello arriva da Un ponte per (Upp), a nome di un raggruppamento di associazioni, alla luce delle proteste che si stanno verificando in Iraq, «difficili da controllare da parte delle forze politiche o da organizzazioni di società civile, ma gradualmente sostenute da una vasta parte dell’opinione pubblica e dai principali sindacati».

Nella nota si citano lo sciopero degli insegnanti di 4 giorni e quello degli avvocati che incitano alla disobbedienza civile, mentre «gli studenti stanno occupando molte università nelle province del Centro-Sud e sono scesi nelle piazze in centinaia di migliaia». Il movimento, spiegano, è nato da giovani disoccupati che rifiutano il sistema politico costituito dal 2003, chiedendo «la fine della corruzione nella politica irachena, posti di lavoro e redistribuzione della ricchezza. In grandissima parte sono nonviolenti – si legge ancora nel testo -, anche se nel Sud ci sono stati roghi di edifici di partiti politici e sedi del governo locale, iniziati dopo i cortei funebri delle prime giovani vittime».

L’appello delle associazioni italiane arriva dopo che «difensori dei diritti umani da tutto il Paese sono stati minacciati e intimiditi, o uccisi, come Safaa al-Sarai ieri a Baghdad». Un’operatrice sanitaria, riferiscono le organizzazioni, «è stata arrestata mentre curava i pazienti in un’ambulanza, un medico chirurgo mentre operava in ospedale, vari bloggers nelle loro case anche nelle città sunnite in cui la gente non osa manifestare, per paura di una repressione ancor più violenta. I massacri sulle piazze come quello di Kerbala ieri non si possono ripetere. Chiediamo alle ambasciate internazionali a Baghdad e alle Nazioni Unite di opporsi con più forza alla violenza della repressione – è l’appello delle associazioni italiane -. I giovani iracheni sanno che la democrazia non si esporta con la guerra ma si guadagna nelle piazze, e non torneranno a casa facilmente».

30 ottobre 2019