L’incontro di Francesco con i giovani della Macedonia

Il dialogo nel Centro pastorale di Skopje. L’invito a «sognare alla grande», perché «un giovane che non rischia è un morto», e a «prendere la vita sul serio»

Un dialogo: uno scambio di domande e risposte, quello avvenuto nel pomeriggio di ieri, 7 maggio, nel Centro pastorale di Skopje fra Papa Francesco – nel suo 29° viaggio apostolico – e i giovani della Macedonia. Un incontro ecumenico e interreligioso, nel corso del quale il pontefice ha rivolto con forza ai ragazzi il suo invito a sognare. «Sognare non è mai troppo» e «non c’è età per sognare», ha affermato, evidenziando che «uno dei principali problemi di oggi e di tanti giovani è che hanno perso la capacità di sognare. E quando una persona non sogna, quando un giovane non sogna questo spazio viene occupato dal lamento e dalla rassegnazione, della tristezza». Da quella «dea lamentela», come l’ha definita Francesco, che «ti fa prendere la strada sbagliata».

Il sogno richiamato dal pontefice: «Dare speranza a un mondo stanco, insieme agli altri, cristiani e musulmani». Come è avvenuto con il suo «sogno», condiviso con «un amico, il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, che ci ha portato a volerci impegnare e a firmare insieme un documento che dice che la fede deve portare noi credenti a vedere negli altri dei fratelli che dobbiamo sostenere e amare senza lasciarci manipolare da interessi meschini». In un mondo «stanco e invecchiato», ha proseguito il Papa, «non abbiate paura di diventare artigiani di sogni e di speranza». E i sogni più belli, ha detto riproponendo la ricetta della Christus vivit, «si conquistano con speranza, pazienza e impegno, rinunciando alla fretta». Senza paura di rischiare, anzi: «Dobbiamo avere paura di vivere paralizzati, come morti viventi, ridotti a soggetti che non vivono perché non vogliono rischiare, e un giovane che non rischia è un morto. Anche se sbagli, potrai sempre rialzare la testa e ricominciare, perché nessuno ha il diritto di rubarti la speranza».

Nelle parole del Papa, l’invito ad «avere il coraggio di essere diversi, di mostrare altri sogni che questo mondo non offre, di testimoniare la bellezza della generosità, del servizio, della purezza, della fortezza, del perdono, della fedeltà alla propria vocazione, della preghiera, della lotta per la giustizia e il bene comune, dell’amore per i poveri, dell’amicizia sociale». E ancora una volta, l’esempio è quello di Madre Teresa. «Quando viveva qui – ha ricordato Francesco – non poteva immaginare come sarebbe stata la sua vita, ma non smise di sognare e di darsi da fare per cercare sempre di scoprire il volto del suo grande amore, Gesù, in tutti coloro che stavano al margine della strada. Lei ha sognato in grande e per questo ha anche amato in grande. Voleva essere “una matita nelle mani di Dio’” Ecco il suo sogno artigianale. L’ha offerto a Dio, ci ha creduto, ci ha sofferto, non ci ha mai rinunciato. E Dio ha cominciato a scrivere con quella matita pagine inedite e stupende». L’invito allora, rivolto a ciascuno, è a «lavorare con le proprie mani, a prendere la vita sul serio, per fare di essa qualcosa di bello». Come Madre Teresa, sapendo di non essere mai soli.

Nessuno infatti, ha ribadito il pontefice, può affrontare la vita in modo isolato: «Non si può vivere la fede, i sogni senza comunità, solo nel proprio cuore o a casa, chiusi e isolati tra quattro mura; c’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Per favore, sognate insieme, non da soli – l’esortazione -; con gli altri, mai contro gli altri. Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; insieme si costruiscono i sogni». Quindi una riflessione: «Negli anni che ho – e non sono pochi – sapete qual è la miglior lezione che ho visto e conosciuto in tutta la mia vita? Il faccia a faccia – ha rivelato ai giovani -. Siamo entrati nell’era delle connessioni ma sappiamo poco di comunicazioni. Troppi contatti ma poco comunicarsi. Molto connessi e poco coinvolti gli uni con gli altri. Perché coinvolgersi chiede la vita, esige di esserci e condividere momenti belli e altri meno belli». Come è avvenuto al Sinodo dei giovani, quando «abbiamo potuto vivere l’esperienza di incontrarci faccia a faccia, giovani e meno giovani, e ascoltarci, sognare insieme, guardare avanti con speranza e gratitudine. Quello – le parole di Francesco – è stato il miglior antidoto contro lo scoraggiamento e la manipolazione».

Di qui, nella parte finale del dialogo, l’appello: «Concedetevi l’opportunità di condividere e godervi un buon “faccia a faccia” con tutti, ma soprattutto con i vostri nonni, con gli anziani della vostra comunità. È un antidoto contro tutti quelli che vogliono rinchiudervi nel presente affogandovi e soffocandovi con pressioni ed esigenze di una presunta felicità, dove sembra che il mondo finisca e bisogna fare e vivere tutto subito. Ciò genera con il tempo molta ansia, insoddisfazione e rassegnazione». La “ricetta” di Francesco: «Prendete tempo con i vostri vecchi, con i vostri anziani, ascoltate i loro lunghi racconti, che a volte sembrano fantasiosi, ma, in realtà, sono pieni di un’esperienza preziosa, di simboli eloquenti e di saggezza nascosta da scoprire e valorizzare. Sono racconti che richiedono tempo». E ancora: «Entrate nella saggezza del vostro popolo, della vostra gente, senza vergogna né complessi, e troverete una sorgente di creatività insospettata che vi permetterà di vedere strade dove gli altri vedono muri, possibilità dove altri vedono pericolo, risurrezione dove tanti annunciano solo morte». Parlare con i vecchi, è l’esortazione rivolta ai giovani, «per crescere; parlare con la nostra storia per portarla più avanti ancora. Parlare con le vostre radici per dare fiori e frutti».

Al termine, la preghiera recitata insieme, con le parole di Madre Teresa: «Ti servono le mie mani, Signore, per aiutare oggi i malati e i poveri che ne hanno bisogno? Signore, io oggi ti offro le mie mani. Ti servono i miei piedi, Signore, perché mi conducano oggi a coloro che hanno bisogno di un amico? Signore, oggi ti offro i miei piedi. Ti serve la mia voce, Signore, perché io oggi parli a tutti coloro che hanno bisogno della tua parola d’amore? Signore, oggi ti offro la mia voce. Ti serve il mio cuore, Signore, perché io ami chiunque, senza alcuna eccezione? Signore, oggi ti offro il mio cuore».

8 maggio 2019