L’incontro del Papa con i vescovi greco-cattolici ucraini

Udienza privata per i presuli a Roma per il loro sinodo, fino al 13 settembre. Shevchuk: «Un momento di ascolto reciproco e dialogo franco e sincero». La preghiera comune

Hanno espresso il dolore, la sofferenza e perfino alcune delusioni del loro popolo, i vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina – a Roma per il loro Sinodo, dal 3 al 13 settembre -, che questa mattina, 6 settembre, sono stati ricevuti in udienza privata da Papa Francesco. L’arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc) lo racconta come «un momento di ascolto reciproco e un’opportunità di dialogo franco e sincero».

I presuli hanno chiesto al pontefice di aprire l’incontro con una preghiera comune per una pace giusta in Ucraina e per tutti coloro «che stanno morendo in questo momento nel nostro Paese per mano dell’aggressore russo». Bergoglio ha ringraziato e, con i vescovi ucraini, ha recitato la preghiera del “Padre nostro” per l’Ucraina e per il suo popolo sofferente. «Nel colloquio – riferisce Shevchuk – abbiamo espresso tutto ciò che i nostri fedeli in Ucraina e nel mondo ci hanno chiesto di trasmettergli. I nostri vescovi hanno parlato in ucraino, inglese, portoghese e italiano», sottolinea. E hanno affermato che alcune dichiarazioni e gesti «della Santa Sede e di Vostra Santità sono dolorosi e difficili da accettare per il popolo ucraino, che attualmente sta sanguinando nella lotta per la propria dignità e indipendenza». In particolare, si legge in una nota del Segretariato dell’arcivescovo maggiore a Roma, «le incomprensioni sorte tra Ucraina e Vaticano dall’inizio della guerra su vasta scala, spiegano i vescovi, vengono utilizzate dalla propaganda russa per giustificare e sostenere l’ideologia omicida della “pace russa”, quindi “i fedeli della nostra Chiesa sono sensibile ad ogni parola di Vostra Santità come voce universale di verità e di giustizia”».

Il riferimento è alla video conferenza con giovani cattolici russi di cui Bergoglio ha parlato con i giornalisti anche nel volo di ritorno dalla Mongolia. Ricordando quella conversazione, il Papa ha spiegato che «il vero dolore è quando il patrimonio culturale di un popolo subisce una “distillazione” e viene sottoposto a manipolazione da parte di un certo potere statale, a seguito della quale si trasforma in un’ideologia che distrugge e uccide. È una grande tragedia quando una simile ideologia irrompe nella Chiesa e sostituisce il Vangelo di Cristo».

Il Santo Padre, si legge ancora nella nota diffusa dal Segretariato, ha anche ammesso che «il dolore particolare del popolo ucraino è il fatto che si dubita con chi sta il Papa. Desidero assicurarvi la mia solidarietà e la mia costante vicinanza orante – le parole di Francesco -. Sono con il popolo ucraino». E come simbolo di vicinanza al popolo ucraino, ha portato un’icona della Madre di Dio, che ha mostrato ai vescovi dell’Ugcc. «Questa icona mi è stata donata da Sua Beatitudine Sviatoslav quando era un giovane vescovo in Argentina. Prego per l’Ucraina ogni giorno davanti a lei», ha raccontato.

I vescovi, da parte loro, hanno ringraziato Francesco per il suo costante sostegno all’Ucraina a livello internazionale, per le sue azioni umanitarie, gli sforzi personali per liberare i prigionieri, la missione di mantenimento della pace dell’inviato speciale papale, il cardinale Matteo Zupi. «I giovani ucraini sono stati sinceramente commossi dall’umiltà delle vostre parole nel chiedere perdono per il fatto che non era possibile fare di più per porre fine alla guerra in Ucraina», ha affermato l’arcivescovo maggiore di Kiev rivolgendosi al Papa. I Padri sinodali quindi hanno chiesto al Santo Padre di proseguire gli sforzi per liberare i prigionieri di guerra, ricordato in particolare hanno i redentoristi Ivan Levitskyi e Bohdan Galeta, ancora prigionieri in Russia.

Al termine dell’udienza, a nome di tutta la Chiesa greco-cattolica ucraina Shevchuk ha donato al Papa un’icona di Gesù Cristo, salvata dalla chiesa bruciata dai russi nel villaggio di Krasnoye Zaporizhzhia, e alcuni effetti personali dei sacerdoti redentoristi prigionieri: una croce missionaria, un libro di preghiere e un rosario. «Queste cose, Santità, testimoniano la sofferenza della nostra Chiesa insieme al suo popolo di fronte agli orrori della guerra causata dall’aggressione russa. Come un tesoro inestimabile, ve li consegniamo con la speranza che presto in Ucraina arrivi una pace giusta».

6 settembre 2023