L’impegno della Caritas a Ostia «per amore della nostra terra»

Don Benoni Ambarus, vicedirettore dell’organismo diocesano, ricorda il percorso itinerante per «fare rete» nel territorio. Il centro di accoglienza sul lungomare, l’ostello e la mensa. L’obiettivo dei centri di ascolto

Don Benoni Ambarus, nello scorso autunno, è stato nominato vicedirettore della Caritas diocesana. 44 anni, da tutti viene chiamato confidenzialmente “don Ben”. Per capire come muoversi, la sera di Natale va all’ostello della Caritas a Ostia ed entra nel cuore della periferia. In quelle zone di frontiera dove le differenze si incontrano e cercano una sintesi.

Lì chi ha incontrato?
Persone provenienti da molte nazioni e una buona percentuale di italiani. C’era un ragazzo di 24 anni scappato dalla Romania. Dopo anni trascorsi in orfanotrofio era finito nelle mani della malavita.

Qual è l’impegno della Chiesa di Roma a Ostia nell’animazione della carità?
Abbiamo il centro d’accoglienza “Gabriele Castiglione” sul lungomare Paolo Toscanelli. Poi l’ostello e la mensa. Vengono distribuiti circa 200 pasti al giorno. Poi, servizi essenziali rivolti ai senza fissa dimora. Ma anche aiuto a chi ha perso il lavoro o non riesce ad arrivare alla fine del mese.

Perché quest’anno avete fatto un percorso itinerante “Ostia, per amore della nostra terra”, che ha coinvolto tutte le parrocchie del litorale?
È stato un ciclo di incontri con l’obiettivo di risvegliare il territorio. L’idea è fare rete tra le varie realtà parrocchiali. La Caritas di Roma vuole affiancare le realtà locali per intraprendere un cammino insieme. Inoltre vogliamo fare formazione per creare centri d’ascolto in ogni parrocchia.

Cosa chiede il territorio?
Concretezza. Nei nostri incontri abbiamo riscontrato una grande ricchezza umana. Ma bisogna dare un indirizzo a questo patrimonio. A Santa Maria Regina Pacis il parroco, don Carmelo Di Giovanni, era rimasto senza operatori Caritas. Ha fatto un appello in chiesa e hanno risposto in 30. Il che significa che il territorio è vivo.

Quali passi vanno fatti?
Dobbiamo far sì che da sentieri invisibili si arrivi a sentieri battuti. L’obiettivo è che il centro d’ascolto di Ostia possa divenire una palestra per quelli parrocchiali.

Quale la ricchezza più grande?
Le relazioni da cui partire per iniziare una collaborazione. Abbiamo in cantiere un libretto dove compaiano tutte le realtà sociali che operano ad Ostia. Durante gli incontri sulla legalità, organizzati dal vescovo di settore, Paolo Lojudice, e i parroci di Ostia, abbiamo visto una certa reticenza a parlare di mafia.

Come continuare il cammino?
Riavviare le energie che ci sono. C’è una logica delle officine “clandestine” dove ognuno ha un suo angolo nascosto. Questi luoghi preziosi andrebbero messi allo scoperto e in rete. Questo vuol dire vivere, abitare e incoraggiare il territorio. Con testa e cuore. Ci vuole un nuovo laboratorio per affiancare la comunità.

Cosa volete fare per i giovani?
Stiamo cercando la chiave giusta per suscitare domande, ascoltare la loro voce e i loro bisogni. Centrale sarà il rapporto con le scuole superiori.

 

28 maggio 2018