Libia, Trenta: «Con la guerra non avremmo migranti ma rifugiati»

Per il ministro della Difesa, l’Italia «deve continuare a parlare con tutti». Intanto l’Unhcr chiede l’evacuazione dei rifugiati detenuti bloccati dal fuoco incrociato

«Quelli che dicono “attaccate perché altrimenti arrivano i migranti” non hanno capito che se si dovesse andare a un’altra guerra non avremmo migranti ma rifugiati, e i rifugiati si accolgono». Così  il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, a Circo Massimo su Radio Capital. Poi aggiunge: «Credo che la diplomazia debba essere portata ai massimi livelli. Non è utile utilizzare queste occasioni per fare politica, bisogna lavorare tutti nella stessa direzione. Chi parla di possibili attacchi militari in Libia non si rende conto di quello che sta dicendo». E ancora: «Se negoziare significa parlare, l’Italia deve continuare a parlare con tutti per fare in modo che si possa arrivare a una soluzione non militare». Per il ministro infine «bisogna lavorare su una soluzione alternativa alla chiusura dei porti”. (DIRE)

Intanto, «alla luce del drastico peggioramento delle condizioni di sicurezza nella capitale libica Tripoli», l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, venerdì 13 aprile ha chiesto con urgenza il rilascio immediato di rifugiati e migranti dai luoghi di detenzione, molti dei quali in aree teatro di scontri continui. In seguito all’inasprirsi del conflitto in Libia all’inizio di aprile, riferiscono, oltre 9.500 persone sono state costrette alla fuga. Tuttavia, si stima che siano oltre 1.500 i rifugiati e i migranti bloccati in Centri di detenzione che si trovano in aree interessate dalle ostilità. «Queste persone sono in una situazione di grande vulnerabilità e pericolo. Sono fuggite da conflitti o persecuzioni nei propri Paesi solo per ritrovarsi intrappolate in nuovi scontri», dichiara Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. I rischi per le loro vite «crescono ora dopo ora. È necessario metterli in salvo con urgenza. Per intenderci, è una questione di vita o di morte».

Fra i Centri di detenzione che si trovano in prossimità degli scontri vi sono quelli di Ain Zara, Qasr Bin Ghasheer e Abu Sleim, tutti a sud di Tripoli. La settimana scorsa, l’Unhcr ha cercato di assicurare il trasferimento di rifugiati detenuti vulnerabili a luoghi più sicuri, fra i quali il Centro di raccolta e partenza (Gathering and Departure Facility/GDF) gestito dall’Unhcr nel centro di Tripoli. Alla data del 12 aprileperò  aveva potuto effettuare il trasferimento di soli 150 rifugiati vulnerabili dal Centro di detenzione di Ain Zara al GDF. Gli sforzi profusi per assicurare ulteriori trasferimenti di rifugiati vulnerabili sono stati ostacolati dall’impossibilità di accedervi e da problemi di sicurezza. Gli scontri, spiegano dall’Agenzia delle Nazioni Unite, stanno ostacolando gli spostamenti mentre l’instabilità delle condizioni di sicurezza comporta sia la difficoltà di accedere alle strutture interessate dal conflitto per mettere in salvo i rifugiati, sia quella di organizzarne il trasferimento in aree più sicure.

15 aprile 2019