L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ha ricollocato ieri, 16 aprile, altri 150 rifugiati detenuti nel Centro di Abu Selim, nella zona sud di Tripoli, spostandoli nel proprio centro di raccolta e partenza (Gathering and departure facility/Gdf), nel centro della Capitale libica, al riparo dalle ostilità. Il centro di detenzione di Abu Selim è uno dei tanti a essere stati colpiti dalle ostilità in Libia, fin dallo scoppio dei combattimenti quasi due settimane fa. I rifugiati – fra cui tante donne e minori – hanno riferito infatti agli operatori dell’Unhcr di essere terrorizzati e traumatizzati dagli scontri in corso a circa 10 km di distanza e di temere per le proprie vite.

L’intenzione dell’Agenzia Onu era di ricollocare un numero ulteriore di rifugiati ma non è stato possibile, a motivo del rapido inasprirsi dei combattimenti nell’area. Proverà a mettere in pratica questa soluzione salva-vita non appena le condizioni sul posto lo consentiranno, assicurano. «Mettere in salvo queste persone è una corsa contro il tempo. Il conflitto e il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza ostacolano ogni nostro sforzo – dichiara Lucie Gagne, assistente capo missione dell’Unhcr in Libia -. È necessario trovare urgentemente soluzioni per le persone bloccate in Libia, fra cui evacuazioni umanitarie volte a trasferire i più vulnerabili fuori dal Paese».

Il ricollocamento è stato effettuato col sostegno di International medical corps, partner dell’Unhcr, e del ministero dell’Interno libico. Si tratta del secondo trasferimento di persone organizzato dall’Unhcr da quando si è acuito il conflitto in Libia. La settimana scorsa erano stati ricollocati più di 150 rifugiati dal Centro di detenzione di Ain Zara, anch’esso nella zona sud di Tripoli, portando il totale di rifugiati qui accolti a oltre 400. Dopo il ricollocamento di ieri, restano oltre 2.700 rifugiati e migranti detenuti e bloccati in aree in cui gli scontri sono ancora in corso: oltre alle persone rimaste ad Abu Selim, vi sono quelle negli altri centri di detenzione in prossimità delle ostilità, fra i quali quelli di Qasr Bin Ghasheer, Al Sabaa e Tajoura. In ogni caso, le condizioni attuali nel Paese continuano a evidenziare che la Libia «rappresenta un luogo pericoloso per rifugiati e migranti» e che «quanti fra essi sono soccorsi e intercettati in mare non devono esservi ricondotti».

17 aprile 2019