Libertà religiosa, la denuncia Acs: violata in 1 Paese su 3

Il rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Il cardinale Piacenza: nella persecuzione dei cristiani c’è una dimensione martirologica. I messaggi di Meloni e Tajani

Le persecuzioni religiose nel mondo aumentano e oggi interessano 28 Paesi, che ospitano oltre 4 miliardi di persone, il 51,6% della popolazione, mentre l’esistenza di discriminazioni è attestata in altri 33 Paesi, dove vivono 853 milioni di persone. È il quadro drammatico emerso dalla XVI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, presentato oggi, 22 giugno, da Aiuto alla Chiesa che Soffre all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede.

Tra i Paesi in “rosso”, i peggiori, spiccano tra gli altri Sudan, Nigeria, Cina, India, Corea del Nord, Arabia Saudita e Afghanistan e «la triste novità del Nicaragua», ha spiegato Alessandro Monteduro, direttore di Acs Italia, che ha definito la Corea «sterminazionista», mentre in India «sono state varate leggi anti-conversione». Tra quelli “arancione”, invece, anche Egitto, Etiopia, Cuba, Venezuela ma anche Israele e Thailandia, dove la situazione è peggiorata.

Un’altra categoria che conferma il peggioramento della situazione è quella “sotto osservazione”, ovvero Paesi dove potenzialmente può esserci un deterioramento della libertà religiosa. Significativa la presenza di Madagascar, Costa D’Avorio, Ghana ma anche Filippine, Russia e Ucraina. Generalmente, quindi, come ha spiegato Monteduro, il 62,5% della popolazione mondiale vive in Paesi con gravi o gravissime violazioni di questa libertà e i “responsabili” sono «il nazionalismo etno-religioso, l’estremismo islamico e la presenza, in 49 Paesi, di governi autoritari». Monteduro ha poi sottolineato che «il silenzio della comunità internazionale nei confronti di regimi strategicamente importanti per la geopolitica come Cina e India ha portato una crescente cultura dell’impunità». L’unica nota positiva, ha concluso, «è lo sviluppo del dialogo interreligioso, anche grazie all’apporto di Papa Francesco».

«Libertà religiosa significa anche possibilità di valorizzare l’altro e pensarlo come proprio fratello», ha spiegato Francesco Di Nitto, ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede. L’inviolabilità della libertà religiosa è stata sottolineata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha inviato un videomessaggio: «Un diritto troppo spesso calpestato nella totale indifferenza, mentre dobbiamo comprendere che è inaccettabile tacere perché vuol dire diventare complici». Anche Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha inviato un messaggio scritto, dove ha citato alcuni dati, secondo i quali la persecuzione dei soli cristiani è pari a 1 cristiano su 5 in Africa sub-sahariana e addirittura di 2 su 5 in Asia.

Nella persecuzione dei cristiani «c’è una dimensione martirologica», ha invece affermato il cardinale Mauro Piacenza, presidente di Acs Internazionale: «Nella storia non c’è mai stato un tempo dove i cristiani non siano stati perseguitati». Sarebbe «impensabile che la fede nata da Cristo, perseguitato e martire sulla Croce, non segua la stessa strada, ma questo non deve significare accettare le persecuzioni». Democrazia e libertà religiosa sono un binomio indissolubile, come ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano: «Anche in Occidente la libertà religiosa viene contrastata seppur con metodi non violenti». Si tratta di un quadro politico-sociale che, per Mantovano, «istaura una discriminazione sottaciuta ma patologica».

La presidente di Acs Italia Sandra Sarti si è poi soffermata sull’attualità che continua ad avere il Rapporto di Acs. Le discriminazioni nei confronti del culto e della fede, ha affermato, «vanno di pari passo con il diritto di espressione e di pensiero e infatti violare una significa calpestare l’altra». Sarti ha denunciato una sorta di «indifferenza inconscia» perché troppo spesso «quando veniamo a sapere delle persecuzioni geograficamente o culturalmente lontane, istintivamente non ce ne preoccupiamo, ci giriamo dall’altra parte».

Spazio anche per le testimonianze di monsignor Théophile Nare, vescovo di Kaya in Burkina Faso, e di Tabassum Yousaf, avvocata presso l’Alta Corte del Sindh in Pakistan. Il primo ha raccontato dei «violenti attacchi jihadisti nelle regioni al confine del Paese, il Mali e il Niger, con migliaia di morti e quasi due milioni di sfollati in pochi anni». La seconda ha invece raccontato la piaga dei matrimoni forzati delle bambine, gli abusi sessuali e le costanti discriminazioni sul lavoro e nella vita quotidiana ai danni di cristiani, indù, ahmadi, sikh, ebrei e alcuni musulmani sciiti.

22 giugno 2023