Liberia: «La preghiera, il mezzo più importante»

Il vescovo di Gbarnga Anthony Fallah Borwah alla Santa Croce: «La Chiesa protagonista del processo di riconciliazione dopo 15 anni di guerra civile»

Il vescovo di Gbarnga Anthony Fallah Borwah al seminario della Santa Croce: «La Chiesa protagonista del processo di riconciliazione dopo 15 anni di guerra civile»

“Chiesa e comunicazione: l’esperienza dei cristiani in contesti difficili”. Questo il tema della decima edizione del seminario per gli uffici di comunicazione della Chiesa che si è svolto ieri, giovedì 28 aprile, alla Pontificia Università della Santa Croce. Tra i protagonisti, monsignor Anthony Fallah Borwah, vescovo di Gbarnga, in Liberia. Il presule ha raccontato la storia del suo Paese, dove la guerra civile è durata 15 anni e «ha generato tantissima sofferenza». Come se non bastasse, «mentre tentevamo di riprenderci due anni fa è scoppiata l’epidemia del virus Ebola. Durante questi anni la voce della Chiesa si è fatta sentire con molta forza attraverso la comunicazione di massa, in particolare con la radio».

La Chiesa cattolica, ha proseguito, «è oggi coinvolta nel processo di riconciliazione dopo la guerra, entrando in dialogo con popoli e culture diverse. Molta gente di fede cattolica ha perso la vita. Lo stesso martirio è un grande mezzo di comunicazione e la preghiera è lo strumento più potente perché attraverso la preghiera la gente trova unità». Come è avvenuto quando, per 90 giorni consecutivi, «la mia gente ha pregato il rosario durante la crisi dell’ebola. Per me – ha chiosato -, la preghiera è il mezzo più importante in Paesi difficili come il mio».

Monsignor Fallah Borwah ha ricordato la sua esperienza come direttore per 10 anni, durante la guerra, di una stazione radiofonica che «tuttora ha l’obiettivo di informare e dire la verità». Proprio per questo, ha raccontato, «più volte è stata minacciata di chiusura e i suoi giornalisti di morte. Ma in assenza di elettricità e senza media sofisticati, per un popolo che ha perso ogni speranza nel genere umano una radio come la nostra, anche oggi, può aiutare». Il vescovo ne è convito: «La presenza della Chiesa in un contesto di guerra richiede più delle parole. La vicinanza alla gente fa la differenza, più di qualsiasi altro mezzo di comunicazione. La gente ha bisogno di essere ascoltata e raccontare le proprie storie di violenza».

29 aprile 2016