In Libano visita alle strutture finanziate con l’8xmille

Alla scoperta del Centro per bambini affetti da autismo, del “Foyer Agagianian” per orfani iracheni e siriani e della Caritas libanese. Il 36% della popolazione libanese vive al di sotto della soglia della povertà

È il paese più piccolo dell’Asia occidentale ma nei suoi 10.450 chilometri quadrati il Libano racchiude decine di diversità climatiche, naturalistiche, storiche e culturali. Come scrisse Papa Giovanni Paolo II il 7 settembre 1989 in una lettera apostolica rivolta ai vescovi sulla situazione nel Paese dei cedri «il Libano è qualcosa di più di un Paese: è un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’Oriente come per l’Occidente». Cristiani e musulmani hanno alle spalle una storia millenaria che oggi li ha portati a convivere pacificamente tanto che a Beirut la Mohammad Al-Amin Mosque, la grande moschea “dal tetto blu”, confina con la cattedrale maronita di San Giorgio.

Lo ha constatato un gruppo di giornalisti
appartenenti a testate di varie diocesi italiane aderenti alla Fisc (Federazione italiana dei settimanali cattolici), vincitori del concorso “8xmille senza frontiere” in visita in Libano dal 20 al 24 novembre. Accompagnati da don Adriano Bianchi e don Enzo Gabrieli, rispettivamente presidente e vicepresidente della Fisc e da don Leonardo di Mauro, responsabile del Servizio degli interventi caritativi a favore dei Paesi del terzo mondo della Conferenza episcopale italiana, il gruppo ha visto da vicino le opere realizzate in Libano con i fondi dell’8xmille.

Dal 2013 complessivamente sono stati stanziati per il Paese dei cedri oltre 5 milioni e seicentomila euro per la realizzazione di 17 progetti nel campo dell’educazione, dell’agricoltura, dell’assistenza sanitaria, inclusione sociale e formazione professionale delle donne, di accoglienza e assistenza umanitaria ai rifugiati e programmi, come “Fuori dall’assedio”, di incoraggiamento al dialogo interreligioso e di trasformazione in Iraq e Libano. Una grande soddisfazione per don Leonardo che ha potuto appurare personalmente quanto è stato fatto. «Una gioia non solo personale per il lavoro che svolgo con tanti collaboratori e con il Comitato che valuta i progetti con sacrificio e volontariamente, ma anche per tutti gli italiani che hanno fiducia nella Chiesa Cattolica e destinano ad essa l’8xmille – ha spiegato il sacerdote –. Visitando le opere realizzate sul posto si può accertare che i soldi vanno a buon fine ed aiutano tante persone povere».

Tra i siti visitati il primo piano del nuovo Centro
realizzato ad Aintoura, una località a nord di Beirut, per bambini fino ai sei anni affetti da autismo. La richiesta è stata inoltrata da Sesobel, un’associazione voluta dall’infermiera Yvonne Chami nel 1976, un anno dopo l’inizio della guerra civile durata 15 anni, per assistere i disabili dai 0 ai 50 anni. Per la realizzazione di 5 classi, la cucina, il refettorio, gli uffici e la sala giochi sono stati stanziati 680mila euro. Una visita dal forte impatto emotivo per il gruppo infatti il nuovo centro, in fase di realizzazione, sorge accanto a quello fondato da Yvonne Chami dove oggi sono ospitati 255 bambini e adolescenti con varie forme di disabilità fisica e psichica 21 dei quali lavorano nella struttura che solo nell’ultimo anno ha assistito 1.486 minori. Il gruppo di italiani è stato accolto con musica e canti in un grande salone dove un giovane disabile ha reso loro omaggio intonando il ritornello de “L’italiano” il brano più famoso di Toto Cutugno.

Come ha spiegato la presidente Fadia Safi grazie
all’associazione le famiglie con un figlio o un parente disabile si sentono sostenute e incoraggiate a far assistere i congiunti che fino a 40 anni fa, per la cultura araba, venivano tenuti nascosti e segregati in casa. Ad Aanjar, nel sud est del Libano, sorge invece il “Foyer Agagianian” un orfanotrofio per bambini iracheni e siriani già visitato alcuni mesi fa dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, la cui restaurazione è stata possibile grazie ai circa 300 mila euro stanziati dall’8xmille. Nella struttura, dedicata al cardinale e patriarca cattolico armeno Gregorio Pietro Agagianian, attualmente vivono 22 bambini siriani e libanesi dai 6 ai 15 anni orfani o con precarie situazioni familiari. A dirigerla da 14 anni c’è padre Alishan Apartian il quale ha raccontato le storie drammatiche di due ragazzi che, costretti a lasciare l’orfanotrofio per sopraggiunti limiti di età (avevano compiuto 15 anni), uno si è suicidato e l’altro è stato vittima di un incidente stradale. L’orfanotrofio ha inoltrato una nuova richiesta di ulteriori fondi per ultimare i lavori di restauro della struttura. «Mi farò portavoce presso il comitato raccontando quello che ho visto e quanto di buono è stato realizzato fino a questo momento» ha assicurato don Leonardo.

Con la visita alla Caritas Libano che ha sede a Beirut, diretta da padre Paul Karam, i giornalisti hanno fatto il punto della situazione sugli immigrati presenti nel Paese. La nazione, dove gli abitanti libanesi sono 4 milioni, porta ancora le cicatrici dell’ultima guerra. Tuttavia è sempre disposta ad accogliere i popoli vicini che fuggono dai nuovi conflitti. La situazione è precipitata dal 2011 quando nel paese si sono rifugiati circa un milione e 800mila rifugiati siriani (secondo stime Caritas Libano) moltissimi dei quali vivono in tendopoli nelle periferie, soprattutto nella Valle della Bekaa. Ci sono poi 500mila palestinesi, 70mila iracheni e 400mila lavoratori stranieri. Un territorio quindi in ginocchio dove il 36% della popolazione libanese vive al di sotto della soglia di povertà e di questi più della metà sono giovani tra i 16 e i 26 anni. «Ora dobbiamo lavorare per incoraggiare i siriani a tornare nelle zone dove non si combatte più – ha detto padre Karam – La Siria è 20 volte più grande del Libano e in molte zone la guerra è terminata. Il Libano ora necessita di nuovi progetti non solo per i profughi ma per la sua gente perché stiamo perdendo la forza lavorativa dei giovani i quali si vedono costretti ad andare via non trovando lavoro nella loro patria».

«C’è davvero una grande forza e una grande determinazione in questo popolo, dove i cristiani sono in numero rilevante, a voler mantenere viva la propria identità senza tradire i valori del Vangelo come l’accoglienza, il dialogo e il rispetto dell’altro, soprattutto di chi ha più bisogno – ha affermato don Adriano Bianchi -. Siamo venuti in Libano per vedere e poi raccontare questa terra, in questa maniera facciamo anche evangelizzazione e, conoscendo realtà diverse, possiamo riflettere e far riflettere».

 

27 novembre 2017