L’Europa, tra economia, migrazioni e squilibri sociali
Alla Gregoriana l’incontro sul futuro dell’Ue, promosso dal Centro Astalli. Il presidente Ripamonti: «Se non sarà più inclusiva e attenta ai diritti di tutti, non sarà mai in pace»
Un’Europa più umana è possibile. È l’umanità l’elemento indispensabile in questo momento storico, per ridare slancio alle politiche europee e a un progetto di Unione nato come una promessa di pace. Una promessa che oggi vacilla se si considerano le 100 milioni di persone che fino al 2022 sono state costrette a lasciare la propria casa. Molte di queste hanno bussato alle porte di un’Europa sempre più restrittiva in materia di diritto d’asilo. «Non vorremmo incolpare l’Europa di non essere abbastanza Europa», ha detto il presidente del Centro Astalli padre Camillo Ripamonti, intervenendo in apertura della seconda giornata del corso di formazione “Diritti al futuro” promosso dalla struttura dei Gesuiti in collaborazione con la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Un’occasione per dibattere sul presente e sul futuro dell’Europa sotto diversi punti di vista, compreso quello economico perché l’economia è in grado di rimettere ordine alle diseguaglianze se gestita da ciascuno con lungimiranza. Ad esempio, «il “voto col portafoglio” è una battaglia per costruire spazi di democrazia condivisa», ha detto l’economista Leonardo Becchetti citando la teoria secondo cui ogni consumatore può influenzare l’andamento delle cose se sceglie di acquistare in modo informato e consapevole, supportando le buone pratiche nazionali e locali.
Ma al centro dell’Europa ci sono le migrazioni forzate, un fenomeno che l’Unione ancora non riesce a governare con la lungimiranza dei padri fondatori. Lo dimostrano i respingimenti di chi attraversa la rotta balcanica: «Un filo di donne e uomini – ha detto padre Ripamonti – che imbastisce l’abito nuovo di un’Europa che se non sarà più inclusiva e attenta ai diritti di tutti, non sarà mai in pace». Ed è qui il senso di una parola forse abusata. Probabilmente svuotata di contenuti. Sicuramente da ridefinire. Perché la pace è assenza di conflitti, ma anche garanzia di diritti. Quelli minacciati a chi, ogni anno, percorre la rotta migratoria ribattezzata “The game”. È la rotta balcanica: «La più attiva al mondo», ha evidenziato padre Stanko Perica, direttore del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati che, nell’Europa Sud Orientale, segue i migranti e richiedenti asilo con progetti sui singoli territori. Secondo l’ultimo rapporto della ong Human Rights Watch, i respingimenti dalla Croazia continuano a celare violenze. Lo testimoniano le voci raccolte dai volontari della ong nel rapporto “Trattati come animali”. «La polizia croata si accanirebbe anche contro minori non accompagnati e quasi tutti i migranti hanno affermato di essere stati picchiati almeno una volta o di aver assistito a violenze», ha riassunto Perica. «Stiamo lavorando in un ambiente che non è amichevole, ma continuiamo a lottare per la dignità umana», ha aggiunto il gesuita mettendo in fila i numeri. Perché se le cifre non raccontano la sofferenza di vite strappate alla propria storia, se non altro fotografano una realtà distante dal concetto di pace: «In Croazia il numero dei richiedenti asilo è molto alto, ma le richieste accolte sono molto poche», ricorda Perica. In Croazia, infatti, solo nel primo trimestre del 2023 le richieste di asilo sono state quasi 8mila contro le 12mila arrivate in tutto il 2022.
È lo specchio di un sistema che fa fatica a mettere la persona davvero al centro. E così, al crescere della marginalizzazione aumentano gli squilibri sociali. «Per vent’anni l’Europa ha seguito politiche rigorose», ha sottolineato Claudio Sardo, giornalista e autore del libro “La leggerezza e l’audacia. Discorsi per l’Italia e per l’Europa”, un testo che raccoglie i discorsi di David Sassoli ricostruendone il pensiero. «Alla pandemia, invece, l’Europa ha risposto in modo diverso con politiche di solidarietà tra i Paesi: una cosa mai avvenuta prima», ha evidenziato Sardo. Nelle sue parole, c’è tutta la nostalgia per l’ex presidente del Parlamento europeo prematuramente scomparso. «David diceva che per essere un faro di democrazia nel mondo non bisogna esportare la democrazia con le armi ma applicarla con coerenza», ha ricordato citando il progetto di speranza che David Sassoli ha evocato per l’Europa affinché riprenda «lo slancio pionieristico dei padri fondatori – diceva Sassoli nel 2019 -, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza». Un progetto di cui, oggi come non mai, si avverte il bisogno.
25 maggio 2023