L’Europa tenta di ripartire da Roma

In Campidoglio firmata la dichiarazione per rilanciare, nei prossimi dieci anni, l’integrazione europea. Gentiloni: «Restituire fiducia ai cittadini»

In Campidoglio firmata la dichiarazione per rilanciare, nei prossimi dieci anni, l’integrazione europea. Gentiloni: «Restituire fiducia ai cittadini» 

Alla fine tutto è andato liscio. La manifestazione del dissenso in piazza – pacifica – è stata garantita, i leader dei Paesi europei hanno portato avanti la loro cerimonia in Vaticano, Campidoglio e dal capo dello Stato, mentre la città, tra il sornione e l’indifferente, ha deciso di farsi scivolare addosso questo sabato come qualsiasi altra domenica ecologica. Per inciso, il blocco delle auto inquinanti è arrivato sul serio, il giorno successivo. Cosa rimane nella memoria, alla fine, oltre alle delegazioni comunitarie che sfrecciavano in centro sulle auto blu, i lampeggianti e le sirene; il centro bloccato e i bus deviati?

Affinati dagli sherpa dei vari Paesi, in primis quelli italiani che hanno mediato non poco per giungere a un documento condiviso, i “nuovi” Trattati di Roma richiamano a quattro impegni concreti. Si parla di un’Europa «sicura», unita nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata. Un’«Europa prospera e sostenibile», che «generi crescita e occupazione». Un’«Europa sociale» capace di lottare «contro la disoccupazione, la discriminazione, l’esclusione sociale e la povertà». Un’Unione in cui i giovani «possano studiare e trovare un lavoro in tutto il continente». E, infine, un’Europa «più forte sulla scena mondiale» in grado di promuovere stabilità e prosperità anche «nel suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l’Africa e nel mondo».

Certo, sono dichiarazioni di
buoni propositi; parole messe nero su bianco quasi ad esorcizzare i venti “sovranisti” che, in verità, poco hanno soffiato sabato scorso, anche tra i manifestanti più motivati. Mentre François Hollande firmava la dichiarazione, nella Sala del Campidoglio, la campagna elettorale in Francia non si fermava. Marine Le Pen se la giocherà tutta questa volta. La premier inglese, invece, per la prima volta non ha partecipato al summit: effetti della Brexit. «Sono tutte sfide – ha detto il presidente del Consiglio Italiano, Paolo Gentiloni – che dimostrano che la storia è tutt’altro che finita. L’Europa si è presentata con troppi ritardi su temi come migrazioni, crescita economica e lavoro».

«Si è fermata – ha sottolineato
– inciampando su procedure e regolamenti mentre il mondo andava vorticosamente avanti, provocando una crisi di rigetto. Ecco il vero messaggio che deve venire per noi dalle celebrazioni di oggi: abbiamo imparato la lezione. L’unione sceglie di ripartire e ripartire significa conquistare la fiducia dei nostri cittadini». La spinta per ripartire ha provato a darla anche il presidente del Consiglio Ue, il polacco Donald Tusk. Da dietro la cortina di ferro, il sogno europeo sembrava ancora più visionario 60 anni fa. «Distruggere la pace e la democrazia – avverte Tusk – è facile, ci vuole un attimo».

«Solo nell’unità possiamo affrontare le grandi sfide – gli ha fatto eco il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker -. È solamente rimanendo uniti che possiamo trasmettere alle generazioni future un’Europa più solidale, più salda, più forte e generosa, al suo interno e nel resto del mondo». Antonio Tajani, infine, presidente del Parlamento europeo, parlando ai giornalisti, prende davanti ai cittadini europei un impegno chiaro: «Il Parlamento europeo ha il dovere di controllare – e, da domani, il Parlamento europeo comincerà a controllare – che le cose che abbiamo scritto si trasformino in atti concreti».

 

27 marzo 2017