L’Europa si accorda sul salario minimo

Nella notte l’ufficialità dell’intesa tra Consiglio e Parlamento Ue sulla nuova direttiva. Dopo l’approvazione definitiva, gli Stati membri avranno 2 anni per recepirla nel diritto nazionale. Von der Leyen (Commissione): «Tappa importante per l’Europa sociale»

Raggiunto nella notte l’accordo provvisorio tra Consiglio e Parlamento europei sulla nuova direttiva relativa ai salari minimi adeguati nei Paesi dell’Unione. «La nuova legge, una volta adottata definitivamente, promuoverà l’adeguatezza dei salari minimi legali e contribuirà così a raggiungere condizioni di lavoro e di vita dignitose per i dipendenti europei», si legge in una nota diffusa dal Consiglio Ue. In particolare, «la direttiva stabilisce procedure per l’adeguatezza del salario minimo legale, promuove la contrattazione collettiva sulla determinazione del salario e migliora l’accesso effettivo alla protezione del salario minimo per quei lavoratori che hanno diritto a un salario minimo ai sensi del diritto nazionale, ad esempio da un salario minimo legale o da contratti collettivi».

Per garantirne l’adeguatezza, Consiglio e Parlamento Ue hanno convenuto che «gli aggiornamenti dei salari minimi legali avverranno almeno ogni due anni (o al massimo ogni quattro anni per quei Paesi che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatica). Le parti sociali dovranno essere coinvolte nelle procedure di definizione e aggiornamento dei salari minimi legali». Ancora, i Paesi membri «dovrebbero promuovere il rafforzamento della capacità delle parti sociali di impegnarsi nella contrattazione collettiva, compresa la protezione dei rappresentanti dei lavoratori», per raggiungere un tasso di copertura della contrattazione collettiva non inferiore all’80%.

L’accordo attende ora la conferma del Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea (Coreper) prima dell’approvazione sia del Consiglio che del Parlamento europeo. Successivamente, gli Stati membri avranno due anni per recepire la direttiva nel diritto nazionale.

«Nei nostri orientamenti politici abbiamo promesso una legge per garantire salari minimi equi nell’Ue. Con l’accordo politico di oggi sulla nostra proposta su salari minimi adeguati, portiamo a termine il nostro compito. Le nuove regole tuteleranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro paghi», commenta su Twitter la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Anche la presidenza di turno francese dell’Ue, sempre su Twitter, parla di «una tappa importante per l’Europa sociale. Nel pieno rispetto delle diversità nazionali – si legge nel tweet – il provvedimento favorirà dei salari minimi adeguati nell’Ue e lo sviluppo della contrattazione collettiva». E dall’Italia il ministro del Lavoro Andrea Orlando parla di «un assist per i lavoratori», osservando che la direttiva «non definirà ciò che deve fare l’Italia ma spingerà per interventi a salvaguardia di persone con salari più bassi».

Per il commissario Ue al Lavoro Nicolas Schmit, l’impatto non sarà «negativo per la creazione dei posti di lavoro e per l’occupazione»: nell’Unione, sottolinea, non saranno previsti massimi e minimi salariali ma la direttiva puterà a istituire un quadro per fissare salari minimi «adeguati ed equi». L’idea delle istituzioni europee, insomma, è quella di rispettare le diverse tradizioni di welfare degli Stati membri, arrivando però a garantire «un tenore di vita dignitoso», a ridurre le disuguaglianze e a mettere un freno al precariato e ai contratti pirata, «rafforzando il ruolo delle parti sociali e della contrattazione collettiva.

L’Italia è uno dei sei Paesi Ue a non avere già una regolamentazione in materia, con un dibattito aperto tra le parti sociali e all’interno del governo,  insieme ad Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Svezia. Stando ai dati Eurostat, dove è già previsto il salario minimo va dai 332 euro mensili della Bulgaria ai 2.257 del Lussemburgo; in Germania è fissato a 1.621 euro. Il nuovo accordo dovrebbe fissare la copertura della contrattazione collettiva in una soglia compresa tra il 70% e l’80%, stando ai due obiettivi fissati rispettivamente da Commissione e Parlamento europeo e all’interno dei quali dovrebbe essere trovato un compromesso. Per il segretario della Cgil Maurizio Landini, «se finalmente tutta l’Europa si rende conto che salari bassi e lavoratori precari senza diritti mettono in discussione la tenuta sociale, bisogna ascoltarla».

7 giugno 2022