Lettera alla città, Bonini: «In politica vitale l’impegno dei cattolici»

Il rettore della Lumsa: «Far restire il respiro di una Chiesa viva e vivace. Ribellarsi a ogni sporcizia e spezzare la fase di stallo»

Il rettore della Lumsa: «Far sentire il respiro di una Chiesa viva e vivace. Ribellarsi a ogni sporcizia e spezzare la fase di stallo»

«Roma ha bisogno di un supplemento d’anima per essere all’altezza della sua vocazione». Con questo invito termina la Lettera che il cardinale vicario Agostino Vallini ha indirizzato alla città insieme al Consiglio pastorale diocesano. Un documento che per Francesco Bonini, rettore della Lumsa, merita molti punti esclamativi, soprattutto nella parte dedicata ai talenti di Roma.

Secondo lei cosa ha creato una società precaria, frammentaria e orfana di spiritualità?
Oggi viviamo un tempo di grande derive individualiste e materialiste. Ma la cosa più grave è che siano due o tre generazioni a constatare questo processo di decadenza. Tutti percepiscono che “oggi si sta peggio”. E su vari livelli. Non è solo una questione economica, ma è qualcosa di più profondo, che investe tutta la società. C’è decadenza soprattutto da un punto di vista culturale, civile e spirituale. Inoltre, c’è un’errata percezione di ciò che è giusto e di ciò che non lo è. I singoli e le comunità individuano come proprio bene ciò che non lo è.

Ripartire dall’educazione: questo il monito del cardinale. Secondo lei quali azioni sarebbero necessarie?
Innanzitutto, è necessario rimotivare gli educatori dando loro un maggior riconoscimento sociale. Bisogna tornare ad investire sulle istituzioni educative e non mi riferisco solo al mondo della scuola e dell’università. Hanno bisogno di maggior respiro e attenzione tutte le attività che fanno parte del tempo libero, quindi lo sport e le attività promosse dalle associazioni. Poi è importante avere dei valori validi e condivisi su temi importanti, come l’identità di genere, l’onestà, il rispetto. Ognuno si costruisce dei parametri su cui indirizzare le proprie azioni.

Qual è il disagio profondo che vivono i giovani, a cosa attribuirlo?
È come se avessero subito un processo di narcotizzazione. Il che significa che hanno perso la voglia di proporre. Sotto i trent’anni mostrano richieste pressanti di pulizia e chiarezza. Richieste che, però, esprimono in modo intermittente. Ed è per questo che incidono poco nel tessuto sociale. Mentre gli “over 30” prendono atto di un processo di decadenza e cercano di sopravvivere cercando vie di salvezza individuali o per piccoli gruppi. Manca un entusiasmo collettivo. Spesso si rinuncia alla possibilità di cambiare lo status quo. Si sentono poco coinvolti, vivono come degli spettatori passivi.

La Lettera sottolinea che la complessità dei problemi di Roma necessita di una classe dirigente competente. Come formarla?
Roma ha straordinarie eccellenze a tutti i livelli. Non solo accademica, ma anche spirituale, di storia e di bellezza. Inoltre la città ha molte anime. È una realtà universale, italiana e rionale. La classe dirigente romana è l’insieme di questi tre elementi, che si coniugano secondo talenti e senso di responsabilità. Quest’ultimo è un requisito fondamentale per la classe politica. Senso di responsabilità significa mettersi in gioco, circolare e cambiare. La classe politica se non circola, se non crea ricambio, fa degradare il corpo sociale. Si entra in una palude. È necessario avere il coraggio di creare ricambio nella classe politica.

Come avviare un cantiere per cammini di formazione pre-politica?
Il primo cantiere da avviare riguarda le istituzioni del governo locale. Ciclicamente la città di Roma è commissariata. In venti anni ha avuto due profondi traumi. L’altro cantiere da aprire riguarda lo sviluppo economico. Va ripensata l’area metropolitana romana: ha bisogno di essere aggiornata e supportata. L’altro anello che va ricongiunto alla città è il turismo e la sostenibilità. Un ulteriore cantiere è la diocesi di Roma che è chiamata ad essere un attore a pieno titolo. È necessario che i cattolici della città assumano le loro responsabilità e facciano sentire il respiro di una Chiesa viva e vivace. L’idea stessa di Giubileo ci invita a farlo. È un momento propizio per mettersi in cammino, per fare un pellegrinaggio nella città. È un atto di apertura e invita ad una riflessione su come riversare energia spirituale nella capitale. Per la diocesi è un momento intenso e profondo per aprire il proprio cuore e rispondere alla domanda di efficienza e pulizia.

Quali circoli viziosi si devono spezzare?
È necessario ribellarsi e rifiutare ogni tipo di sporcizia. In tutti i sensi. È necessario essere controllori e non supplenti rispetto a ciò che non funziona. Va spezzato il circuito perverso dello stare fermi e aspettare. Ci deve essere più movimento sia delle istituzioni che dei cittadini per creare un nuovo moto.

 

21 dicembre 2015