Lesbo, incendio nel campo di Moria. Morta una bambina

Msf: le fiamme hanno seminato paura e panico. Mancano informazioni sulle cause. Padre Ripamonti (Centro Astalli): Ue senta «il peso della responsabilità»

È una bambina di 6 anni la vittima dell’ennesimo incendio scoppiato ieri, 16 marzo, nel campo per rifugiati e richiedenti asilo di Moria, nell’isola di Lesbo. A fornire cure mediche e supporto psicologico, le equipe della clinica di Medici senza frontiera, appena fuori dal campo. Marco Sandrone, capo progetto dell’organizzazione a Lesbo, racconta che «le fiamme hanno seminato paura e panico tra le persone che vivono nel campo. L’incendio è stato spento e non abbiamo informazioni sulle cause che l’hanno provocato o se ci sono altri morti o feriti». L’ultimo incendio risale ad appena due mesi fa, nel campo di Kara Tepe; cinque mesi fa l’altro episodio che aveva colpito Moria a settembre 2019.

«Questi eventi – le parole di Sandrone – mostrano ancora una volta l’impatto drammatico che possono avere sulla salute fisica e psicologica delle persone che vivono in campi sovraffollati e non sicuri come quello di Moria. Le autorità europee e grech, che continuano a trattenere le persone in condizioni così disumane, hanno delle responsabilità sul ripetersi di questi terribili episodi. Quante volte ancora dobbiamo vedere le tragiche conseguenze di queste disumane politiche di contenimento prima di evacuare urgentemente le persone dall’inferno di Moria?».

All’Unione europea va anche il richiamo di padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, che parla di «tragedia evitabile di cui l’Unione europea deve sentire tutto il peso della responsabilità. Rimanere indifferenti mentre migliaia di migranti vivono in Europa in condizioni disumane – prosegue – è inaccettabile e profondamente ingiusto oltre che rappresentare una grave violazione dei principi cardine della nostra civiltà». Il gesuita esprime profondo cordoglio e dolore per la morte della piccola vittima dell’incendio. E aggiunge: «Solidarietà e responsabilità condivisa tra gli Stati membri salverebbero la vita a persone innocenti tra cui moltissimi bambini, in maniera sostenibile per tutti, senza gravare su un solo Paese, in questo momento così difficile per i governi e l’intera comunità internazionale».
Per il Centro Astalli, ricollocazione, redistribuzione e immediata dei migranti dalla Grecia e interruzione degli accordi con la Turchia risolverebbero «una situazione che ormai da tempo è una vergogna per tutta l’Europa».

17 marzo 2020