L’educazione cattolica, la scuola e il multiculturalismo

Al liceo Visconti Carlo Cardia ha incontrato gli insegnanti di religione, insieme ai direttori di Ufficio catechistico e Ufficio scuola della diocesi

Al liceo Visconti Carlo Cardia ha incontrato gli insegnanti di religione, insieme ai direttori di Ufficio catechistico e Ufficio scuola della diocesi

«L’insegnamento religioso non può essere separato dalla scuola». Parola di Carlo Cardia, docente di Diritto ecclesiastico a Roma Tre e collaboratore di Enrico Berlinguer per il rinnovo del concordato tra Stato italiano e Santa Sede nel 1984. Ad ascoltarlo una platea numerosa di insegnanti di religione cattolica, che hanno partecipato ieri, mercoledì 26 ottobre, al secondo incontro col docente, organizzato nell’aula magna del liceo Visconti dall’Ufficio catechistico e da quello per la pastorale scolastica della diocesi di Roma. Al centro del dibattito, aperto dalle domande degli insegnanti, le sfide e il futuro dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali.

«L’educazione cattolica ha senso di esistere nella scuola perché favorisce anche la trasmissione di valori civici e forma buoni cittadini. In Europa l’insegnamento delle religioni è diffuso in quasi tutte le nazioni proprio per questo motivo – spiega Cardia -. Sono 25 i concordati e oltre 50 le intese stipulate tra Stati e confessioni religiose». Secondo il docente, sarebbe un errore invece introdurre l’insegnamento della storia delle religioni al posto di quello della religione cattolica, «che riflette la storia e la cultura del nostro Paese. Noi non possiamo cancellare nulla di tutto ciò – aggiunge -. In più c’è il rischio di aprire un terreno relativista ampio, dal momento che potrebbero svilupparsi visioni parziali».

Cardia cita la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e il protocollo alla Convenzione europea che ribadiscono il diritto dei genitori di istruire i propri figli secondo i propri valori: «La scuola deve essere un luogo in cui ciò venga rispettato». Resta, però, l’incognita del futuro, fatto di «una presenza sempre più plurale. Bisogna raggiungere una dimensione del dialogo interreligioso sapendo che avremo altre grandi minoranze come gli ortodossi e gli islamici nelle classi. La scuola deve aprirsi anche a loro in forme che non mettano in secondo piano la religione cattolica» come ad esempio la partecipazione di rappresentanti di altre confessioni a incontri e conferenze, segno di «una laicità positiva che accoglie tutti».

Gli fa eco don Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio catechistico del Vicariato: «Abbiamo la responsabilità positiva nei confronti delle altre religioni di far conoscere la nostra – afferma -. La scuola italiana può essere un luogo dove potere trasmettere questa conoscenza». Favorevole alla conferma dell’assetto attuale con un’apertura al dialogo con le altre confessioni è anche don Filippo Morlacchi, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale scolastica e l’insegnamento della religione cattolica. «Sarebbe un grande errore – sostiene – promuoverne la facoltatività assoluta. Il modello stabilito nel 1984 è ancora valido ma bisogna trovare un equilibrio col multiculturalismo perché possa coesistere col sistema attuale che garantisce una formazione cattolica ai giovani».

Non è ancora arrivata una risposta, intanto, agli insegnanti di religione precari della scuola dell’infanzia comunale. «Nonostante l’anno scolastico sia già cominciato, non siamo stati finora convocati, perché sembra che non ci siano fondi sufficienti», racconta una delle partecipanti all’incontro. Lo scorso anno firmarono i contratti ed entrarono in servizio negli ultimi giorni di novembre.

27 ottobre 2016