Lea Polgar: «Il pericolo dell’odio è sempre dietro l’angolo»
La testimone della Shoah ha incontrato i Giovani per la Pace di Sant’Egidio e gli studenti di Tor Bella Monaca. «Tutto oggi dipende da voi». Il contest musicale
«Odiare non fa bene a nessuno. Né a chi riceve odio né a chi lo da». È una frase sentita spesso in questi giorni, soprattutto durante le manifestazioni promosse dalla Comunità di Sant’Egidio, ed è stato il filo conduttore dell’incontro “No Memory No Future”, organizzato proprio dai Giovani per la Pace di Sant’Egidio, che ha portato la testimonianza sulla Shoah di Lea Polgar nel Teatro Tor Bella Monaca, alla presenza degli studenti delle scuole medie.
Nata a Fiume nel 1933, Lea Polgar, non ha «vissuto i campi di concentramento» ma è testimone di ciò che avveniva ai tempi delle leggi razziali e di ciò che era costretta a subite una bambina ebrea, come «l’espulsione da scuola», l’uccisione dei nonni, la loro deportazione e la speranza di salvarsi, nascondendosi a Roma, come hanno ricordato aprendo l’evento Gabriele Palmieri e Antonella Coassin, dei Giovani per la Pace. Una vita inizialmente felice, quella della bambina Lea, di cinque anni, devastata «all’improvviso quando mio padre – ha raccontato – tornò a casa dicendo: “Non possiamo fare più nulla, non potrò più lavorare, i bambini non possono più andare a scuola né giocare al parco”».
Leggi razziali, discriminazioni, deportazioni. «La storia è drammatica – ha affermato Polgar – ma ci insegna che il pericolo dell’odio è sempre dietro l’angolo, tanto nei nostri quartieri quanto nel resto del mondo». Il riferimento è alla crisi tra Ucraina e Russia, all’annosa crisi migratoria, ma anche all’ultimo episodio di violenza che ha interessato proprio Tor Bella Monaca, come hanno ricordato Giulia e Irene, due ragazze del quartiere e dei Giovani per la Pace. Lo scorso 21 febbraio, infatti, una lite tra due minorenni è scaturita in un accoltellamento: «Un episodio che ferisce tutti – hanno ribadito – e siamo qui per ascoltare Lea Polgar proprio perché odio e violenza non ci appartengono».
Per Polgar, che ha raccontato ai ragazzi come ha vissuto nel segreto e nella paura degli anni ’40, «anche i dettagli non vanno dimenticati, perché alcune persone hanno rischiato la vita anche solo per averci permesso di giocare con i propri nipoti». Le discriminazioni e il pregiudizio, poi, sono stati il tratto dominante dell’esistenza di milioni di ebrei. «Scuole diverse, giochi vietati – ha raccontato – e le domande “strane” di chi pensava davvero che fossimo diversi, avessimo la coda o portassimo malattie». Da qui l’attualizzazione della memoria. «Oggi – ha osservato – le condizioni sono molto diverse, ci sono le nuove tecnologie, più possibilità economiche, maggiore istruzione e conoscenza, però le guerre e le discriminazioni rimangono, soprattutto verso chi è straniero o, secondo alcuni, diverso».
Ad ascoltare la testimonianza di Lea Polgar circa 200 studenti, presenti in teatro, nel rispetto delle normative anti-Covid, dell’Istituto Comprensivo “Donatello”, dell’I.C. “Melissa Bassi” e dell’I.C. di via Acquaroni e via Merlini. Altri cento alunni, sempre dell’Istituto Acquaroni-Merlini, hanno invece seguito l’evento a distanza. «Il segreto e la mia fortuna – ha concluso rispondendo alle loro domande – è stato non perdere mai la speranza ma anche avere un carattere ottimista. Dovete vivere sempre con questi sentimenti e capirete che tutto, oggi, dipende da voi». Infine, i Giovani per la Pace, hanno ricordato la manifestazione dello scorso 17 febbraio e annunciato il contest musicale “Play Music Stop Violence” che si concluderà con un concerto il 21 maggio a piazza del Popolo.
23 febbraio 2022