Le Mantellate: «Parliamo a Dio a nome di tutti e in favore di tutti»

Nel monastero di via della Fanella 14 monache e 2 sorelle in formazione, tra i 24 e gli 87 anni. La priora Maria Bernadetta Di Ciaccia: «Valorizzare le persone»

«Viviamo in un mondo assettato e affamato di speranza, fede e amore», raccontano le monache del monastero “Mantellate Serve di Maria Addolorata”. «Oggi giorno sembra non ci sia posto per la speranza, basta vedere e sentire i mass media, leggere i giornali. È necessario, invece, guardare in positivo al di là delle brutture che vediamo. Siamo certe che Dio guida la storia dell’umanità ed è Lui ad avere l’ultima parola».

Sono parole piene di speranze quelle che arrivano dal monastero delle Mantellate, una comunità composta da 14 monache  e da due sorelle in formazione. Hanno un’età compresa dai 24 agli 87 anni. La loro testimonianza viene da più parti del mondo. Ci sono italiane, portoghesi, messicane, filippine, un peruviana e una vietnamita. Il loro monastero è nato all’ombra della cupola di san Pietro. È il 15 maggio 1803 quando Papa Pio VII si reca presso la nascente comunità, situata in via della Longara, per rivestire dell’abito religioso le prime dodici sorelle. Un anno dopo, il 21 maggio, lo stesso pontefice si reca di nuovo al monastero per il rito della professione monastica. Ed è proprio in quell’occasione che viene sostituito il nome di “Vicolo Regina Caeli” con quello delle “Mantellate”. Dopo vari spostamenti, dovuti alle vicende storiche, nel 1958 la Comunità si trasferisce per la settima volta nell’attuale sede in via della Fanella.

«Siamo inserite nel movimento spirituale dell’Ordine dei Servi di Maria che ha avuto inizio nel 1233 a Firenze. Come i nostri sette padri fondatori, ci siamo riunite insieme in povertà e solitudine per dedicarci alla contemplazione e alla ricerca di Dio», dice la priora suor Maria Bernadetta Di Ciaccia. La giornata è scandita dalla preghiera, dal silenzio e dal lavoro. «Confezioniamo faldoni per archivi», racconta.  Quando vi alzate la mattina qual è il vostro intento? «Vogliamo vivere in comunione con tutti i fratelli e le sorelle del mondo, solidali con le loro difficoltà e angosce. Li portiamo tutti nella nostra preghiera. Mettiamo davanti a Dio i loro dolori, le loro domande, i dubbi. E, per quel che possiamo, condividiamo materialmente. Cerchiamo di non far mancare la nostra vicinanza fraterna, di sollevare chi bussa  alla porta del  monastero e chiede ospitalità per condividere con noi momenti di preghiera, un tempo di silenzio e di raccoglimento», dice la badessa.

Il grido del mondo arriva in monastero anche attraverso il telefono. «Squilla spesso e sono molte le persone che ci chiamano per chiedere preghiere, un aiuto morale, spirituale; a volte solo per essere ascoltate. Oggi tutti chiedono un orecchio e un cuore aperto», dicono le monache. Questo è un tempo difficile, pieno di nervature scoperte. «Tra le tante malattie del nostro tempo riscontriamo soprattutto la mancanza di fede, di speranza e di amore che determinano egoismo, individualismo, divisioni, consumismo, edonismo. Siamo lacerati da divisioni di ogni tipo». Ferite dell’anima da cui si può guarire: «Con la preghiera, l’ascolto, l’accoglienza, la testimonianza autentica soprattutto da parte dei credenti. Come monache Serve di Maria, condividiamo la stessa vocazione delle sorelle e dei fratelli dell’Ordine, nell’annunciare con Maria e come Maria il canto delle grandi opere di grazia del Dio della speranza. Vogliamo imparare da Lei a seminare la speranza», spiega la comunità.

Come è nata la vostra vocazione? «Ogni vocazione ha la sua storia. Dio ci ha chiamate in forme distinte, percepita da ciascuna nel suo cuore», spiega suor Maria Bernardetta.  Cosa porta a fare una scelta così radicale? «Alla base c’è l’insoddisfazione per tutto ciò che il mondo offre e l’aspirazione a qualcosa di più grande, ricerca di senso e di risposte alle domande fondamentali della vita. La vocazione nasce dall’ascolto della Parola. Determinante è l’azione dello Spirito Santo», dice la priora.  E oggi in questo tempo assetato d’amore c’è bisogno del dialogo con Dio. «Cerchiamo di attualizzare con la preghiera, essenza della nostra vita. Parliamo a Dio in nome di tutti e in favore di tutta l’umanità nell’adorazione, nel ringraziamento, nella lode, nella supplica per le diverse necessità di ciascuno presentando i dolori e le angosce di ogni uomo e donna del nostro tempo», dice suor Maria Bernardetta. In un tempo che sembra al tramonto, per le monache è ancora possibile l’aurora: «Possiamo costruire un futuro migliore cominciando dalle famiglie, dalle parrocchie, dalle scuole, cercando un dialogo autentico e uno scambio fecondo. Bisogna valorizzare le persone e la loro formazione».

14 novembre 2019