Le famiglie ucraine a Roma in festa per il Natale

A Sant’Igino Papa i nuclei accolti dalla Caritas diocesana. Il direttore Trincia: «La testimonianza che diamo come Chiesa è di essere al fianco di queste persone»

«Un grido unanime» affinché le armi tacciano e non si perda «la speranza in un mondo migliore». È la lettera scritta al Bambino Gesù dalle famiglie ucraine ospitate a Roma dalla Caritas diocesana, per le quali sabato scorso, 17 dicembre, è stata organizzata dalle mediatrici culturali una festa di Natale, nel salone parrocchiale di Sant’Igino Papa al Collatino. Nelle loro parole, la richiesta al Signore di riunire tutti gli uomini del mondo «in una sola famiglia», insieme al ringraziamento per «il sostegno e la solidarietà» ricevuti in questi mesi da tante persone, testimonianza che «tutto è possibile, che non bisogna arrendersi ma credere che il bene vince sempre».

Di questa speranza raccontava la festa, nel salone addobbato con un albero di Natale, luci, festoni, palloncini colorati e tavole imbandite anche con piatti tipici ucraini. A rallegrare l’atmosfera, poi, anche un Babbo Natale che ha portato doni ai più piccoli, i quali si sono cimentati in canti tradizionali, recite di poesie ed esibizioni musicali. A questa speranza resta ancorata Madona, 32 anni, georgiana di origine. Nell’agosto del 2008 era già fuggita a causa del conflitto in Ossezia del Sud. «La mia città fu distrutta e con la mia famiglia andammo a Kharkiv – racconta -. A distanza di 14 anni, una nuova fuga. Tutto questo è terribile. Essere costretti a lasciare tutto due volte in pochi anni ti dilania l’anima. Voglio tornare in Ucraina, spero nel miracolo della pace». Ilona invece è arrivata in Italia con il figlio di un anno e mezzo che ha gravi problemi di salute. È originaria di Odessa e in Ucraina ha lasciato il marito. «Quando riusciamo a sentirci mi racconta la difficile situazione nel Paese – dice -. Non c’è luce, non hanno il gas e patiscono il freddo». Anche quando la guerra sarà finita non esclude di rimanere in Italia, dove il figlio «riceve le cure migliori. Lui è la mia priorità – conclude -. Deciderò in base alle sue esigenze». Intorno a loro «si è creata una forte rete di solidarietà – spiega Roberto Proietti, responsabile della Caritas per il settore Nord -. Sono stati accolti da una signora rimasta vedova e che anni fa ha perso un figlio, ma è tutto il condominio a prendersi cura di loro». C’è chi invece «vuole solo tornare a casa – osserva Ivanna, mediatrice culturale -. Soprattutto gli adolescenti non vogliono integrarsi qui a Roma, non vogliono stringere nuove relazioni per non dover in futuro rivivere il dolore del distacco».

La festa, per il direttore della Caritas di Roma Giustino Trincia, testimonia «la forza dell’accoglienza, della vicinanza e della fraternità all’insegna dell’enciclica “Fratelli tutti” – ha detto -. Il linguaggio che si parla è quello dell’amore e a pochi giorni dal Natale è un modo di vivere la speranza in maniera non retorica. La testimonianza che diamo come Chiesa di Roma è quella di essere al fianco di queste persone. Non siamo in grado di risolvere tutti i problemi ma ci siamo». Anche dal vice direttore della Caritas di Roma don Paolo Salvini, la rassicurazione alle famiglie che «saranno sempre affiancate e aiutate a fare un passo dopo l’altro per una buona integrazione». Trincia ha inoltre ricordato che la festa si è svolta nella parrocchia Sant’Igino Papa che, ospitando una famiglia composta da mamma e tre figlie adolescenti, è stata tra le prime ad aderire al sistema di accoglienza diffusa. «Abbiamo messo a loro disposizione un appartamento ristrutturato nel 2015 dopo l’appello di Papa Francesco ad accogliere i migranti – ha spiegato il parroco don Giuseppe Petrioli -. Abbiamo chiamato la struttura Domus misericordiae e per la prima volta risponde alla vocazione per cui è nata, un’accoglienza stabile e articolata per favorire l’integrazione». La comunità parrocchiale ha risposto con una gara di solidarietà che continua a distanza di dieci mesi e «sta imparando molto da questa mamma che si fa forza per le tre figlie alle quali nasconde l’angoscia e la preoccupazione che ha per l’altro figlio e il marito rimasti in guerra», dice il diacono Nando Pennone.

19 dicembre 2022