Le famiglie e il rischio povertà in una ricerca delle Acli

L’indagine realizzata dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie, in collaborazione con il Caf dell’organizzazione e l’Iref. Maggiormente esposte le famiglie monoreddito, con carichi familiari e dichiarante principale donna, straniere e residenti al sud

Un panel di circa 1 milione di famiglie, da cui è stato estrapolato un campione di 668.107 nuclei che hanno presentato la dichiarazioni dei redditi, in forma anonima, presso il Caf Acli, per tre anni di seguito, dal 2020 al 2022. Sono questi i dati su cui si basa la ricerca “Fare i conti con le crisi: famiglie a rischio socio-economico in Italia”, realizzata dall’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie, in collaborazione con il Caf dell’organizzazione e l’Ire, il suo ente di ricerca. Un identikit della famiglia che rischia più delle altre di entrare in povertà relativa: monoreddito, con dichiarante principale donna, straniera e residente al sud.

«I nostri sono dati fiscali oggettivi che ci aiutano a capire sempre meglio quale è la situazione delle famiglie fiscali seguite per tre anni dal Caf Acli», ha sottolineato Stefano Parisi, presidente Caf Acli, durante la presentazione della ricerca, ieri, 16 maggio. I nuclei che si sono rivolti al Caf Acli e che vivono al di sotto della soglia di povertà sono stati l’8,8% nel 2019, il 7,1% nel 2020 e il 7,6% nel 2021. Tra il 2019 e il 2021 quasi 13mila nuove famiglie del panel Caf Acli sono entrate in soglia di povertà, a fronte di 21mila che ne sono uscite, con un saldo positivo di 8mila famiglie». In totale, «quasi 51mila famiglie del panel, pari al 7,6% del panel, sono al di sotto della soglia di povertà».

Delineato anche l’identikit dei nuclei maggiormente esposti al rischio povertà: monoreddito, con carichi familiari, con dichiarante principale donna, sotto i trent’anni o poco sopra, stranieri e residenti in meridione. In particolare, le donne hanno 4 volte la probabilità di scendere sotto la soglia di povertà relativa rispetto agli uomini. La fascia d’età più a rischio è quella fino ai 29 anni, mentre vivere al nord diminuisce la probabilità di essere poveri; al sud la probabilità è di 2,8 volte di più. Nella ricerca Acli poi sono stati effettuati approfondimenti su alcune spese di natura familiare e sociale inserite nel modello 730: spese sanitarie, per la scuola, per l’università e infine spese per gli interessi sul mutuo abitativo. Significativa la differenza di incidenza rispetto al reddito tra il quintile delle famiglie più povere e quello delle famiglie benestanti; e tra le famiglie monoreddito con carichi e le famiglie bireddito senza carichi o in situazione di vedovanza.

«In questo tempo le famiglie sono messe a dura prova dai postumi della pandemia, dal lavoro povero, dall’inflazione, dal caro bollette – ha osservato Lidia Borzì, delegata nazionale Acli per Famiglia e stili di vita -. Sono difficoltà che ostacolano anche la formazione di altre famiglie. Se c’è crisi di famiglia, c’è crisi di speranza. È questo il contesto in cui si colloca il nostro impegno per un ascolto competente, per individuare risposte “sartoriali” capaci di rispondere alle urgenze della famiglia, intesa come soggetto sociale, in una logica lungimirante.  Si tratta di una scelta politica – ha sottolineato – che ci pone a fianco dei soggetti più fragili o a rischio di esclusione».

Alle Acli è andato il grazie del ministro per la Famiglia, natalità e pari opportunità Eugenia Roccella. «La politica è in vostro ascolto – ha assicurato intervenendo alla presentazione della ricerca -. Oggi la famiglia sta scomparendo: in Italia vive il 30% di famiglie monoparentale. Questo è un problema di solitudine che ferisce l’essenza dello stare insieme. Con la prima legge di bilancio abbiamo investito un miliardo e mezzo sulle famiglie e siamo intervenuti anche contro la povertà infantile – ha rivendicato -. Altro si può fare e lo faremo, in particolare per le famiglie numerose che sono state sempre maltrattate e che avevano guadagnato poco con l’assegno unico». Per Roccella, è «fondamentale» che anche «il mondo produttivo si occupi di famiglia. Bisogna mettere al centro la maternità – ha aggiunto -: solo attraverso la valorizzazione del lavoro di cura e facendo capire a tutti quanto questo sia prezioso per la nostra quotidianità, possiamo avviare questa rivoluzione culturale. Chiedo a tutti una collaborazione per disegnare un ambiente di lavoro che permetta alle donne di essere madri e alle famiglie di rimanere unite».

Sul ruolo di giovani e donne come «protagonisti di questo Paese» si è soffermato anche Adriano Bordignon, nuovo presidente nazionale del Forum famiglie. «I dati dell’Osservatorio Acli sono importanti perché ci danno uno spaccato dello stato di salute delle famiglie», ha commentato. Stato di salute che è «peggiorato», nell’analisi di Antonio Russo, vicepresidente nazionale Acli oltre che portavoce dell’Alleanza contro la povertà. «La linea di confine tra povertà relativa e povertà assoluta si sta assottigliando – le parole di Russo -. Dieci anni fa i poveri assoluti erano 2 milioni, ora solo 6 milioni. Ci sono 50mila famiglie a rischio di povertà. Non si può risolvere il problema ignorandolo. Siamo preoccupati per alcune riforme che il governo ha già avviato – ha continuato -, in particolare la riforma del reddito di cittadinanza e il regionalismo differenziato».

Agire subito, «partendo da una riforma fiscale attenta alle famiglie». Questa la rotta tracciata dal presidente nazionale Acli Emiliano Manfredonia. «Parlare di famiglia vuol dire parlare di lavoro e welfare – ha affermato, tirando le conclusioni dell’incontro -. Oggi c’è un lavoro povero che deriva dalla struttura del mercato attuale e da figure professionali che vivono il ricatto del “meglio poco lavoro che niente”. Le persone, e in particolare i giovani, hanno diritto ad avere una piattaforma stabile su cui progettare un futuro e a riscopre il gusto di crearsi una famiglia».

17 maggio 2023