Le distrazioni in aula e la spunta blu di Whatsapp

Storie di vita vissuta a scuola. Una lezione “perfetta” su Dante e una classe intera ad ascoltare. Tranne uno, che fissa il muro, in attesa di una risposta sullo smartphone che non arriva

Qualche tempo fa è capitato in classe un fatto che mi pare significativo. Arrivo a scuola con in programma la lezione d’oro, quella a prova d’alunno, quella che ogni insegnante conserva gelosamente nella sua faretra. La lezione insomma che funziona, bella, coinvolgente, quella che in anni di scuola non ha mai fallito e che alla fine dell’ora ha sempre illuminato gli occhi della classe, quella che, deo gratias, fa tornare almeno per un giorno l’insegnante a casa con la conferma di fare al di là di tutto uno dei mestieri più belli del mondo.

Il terreno per altro l’ho dissodato bene, l’autore in questione ha come sempre fatto breccia fin dall’inizio, qualche alunno addirittura, quando ho annunciato che quella sarebbe stata l’ultima lezione prima di passare all’altro poeta, si è lamentato dicendo che avrebbe voluto andare avanti nella lettura dell’opera. Insomma, vittoria e gratificazione facile a portata di mano. Entro in classe motivato, seconda ora, ragazzi freschi, possibilità di fallimento pari a zero. Inizio a spiegare e in effetti tutto sembra andare come previsto. Silenzio, attenzione, interventi se sollecitati, a volte addirittura spontanei e da frenare per non accavallare le emozioni, le mie e le loro.

Dopo una ventina di minuti in cui mi beo del mio momento di gloria una piccola interferenza, come un moscone imprevisto su un piatto perfetto da gustare, si insinua nel mio monologo. Un ragazzo alla mia destra, guarda verso il muro. È anche uno di quelli bravi per altro. Ma è assente. «Sarà un momento», mi dico, «lo riprendo al volo». Gli faccio una domanda e lui cade dalle nuvole, peggio, sembra essersi appena svegliato. Lo redarguisco, gli intimo di stare attento e vado avanti. Ma oramai l’incantesimo è rotto. Non mi sta davanti, potrei ignorarlo e continuare per il resto della classe. Ma con la coda dell’occhio non riesco a non guardarlo. Continua a fissare il muro, assente, non ascolta nulla, zero, totalmente sconnesso.

A questo punto mi indispettisco: possibile? La mia lezione migliore, il professore migliore che ti potesse capitare, l’autore e il passo migliore che potresti leggere, e tu che fai? Fissi il muro. Peggio. Ogni tanto ti gratti i capelli e, horribile dictu, sbadigli. Perdo la pazienza, lo riprendo di nuovo, lui si scusa e si sforza di guardarmi. Io provo ad andare avanti, ma oramai la tensione è compromessa, forse anche per il resto della classe, provo a riattivarla, forse ci riesco ma ecco che lui torna a fissare il muro. Insomma, vado avanti a fatica pensando al suono della campanella che però anticipo di qualche minuto sbattendo indispettito il libro sulla cattedra.

Tutti mi guardano sorpresi, con buona probabilità per loro è stata davvero un’ottima lezione. Mi giro verso l’alunno e lo inchiodo all’affronto perpetrato nei miei confronti. «Non hai ascoltato nulla, zero». «Lo so, prof», ammette candidamente lui, «mi scuso». Ma non mi basta: «Sì, ma hai perso un’ora preziosa, avresti potuto fare esperienza di qualcosa di bello». «Ha ragione prof», risponde un po’ affranto. Suona la campanella, gli alunni si alzano, devono scendere in palestra per le due ore di educazione motoria. «Aspetta un attimo», gli dico. Lui si avvicina con l’aria contrita. «Ma insomma, mi dici perché eri così assente?». «Ha visualizzato», mi dice. «Cosa?» domando spiazzato. «Ha visualizzato, da due ore. Ma non ha risposto. Insomma, la spunta blu, prof» ed esce dall’aula.

Rimango sulla cattedra e libero i pensieri. La spunta blu di WhatsApp. Un nuovo modo di veicolare le emozioni, per noi adulti tutto da capire, tutto da reimmaginare. E Dante, (sì, era lui), l’ultimo del paradiso, il tutto e sempre, una classe intera appesa a un volto che si palesava dentro il miracolo d’amore trinitario, una classe intera tranne uno. Che stava appeso a un blu opaco che si facesse blu vivo, per illuminare un piccolo inferno personale durato un’ora. A tra quindici giorni.

28 marzo 2018