Le confraternite e le sfide della Roma di oggi

Nella liturgia penitenziale a Sant’Antonio da Padova, il cardinale De Donatis ha invitato i membri dei sodalizi diocesani ad attualizzare il carisma che li ha generati

Fondate a Roma dai santi e dai grandi profeti dei secoli scorsi, oggi le confraternite sono chiamate ad attualizzare il carisma che le ha generate. Il cardinale vicario Angelo De Donatis venerdì sera, 15 marzo, presiedendo la liturgia penitenziale delle confraternite nella rettoria di Sant’Antonio da Padova, ha offerto ai tanti laici appartenenti ai sodalizi diocesani una serie di suggerimenti per tradurre nella Roma di oggi le proprie forme di carità, di annuncio, di evangelizzazione. Tra i presenti, i confratelli e le consorelle della confraternita di Sant’Antonio, di San Giovanni Paolo II, del Santissimo Sacramento della chiesa di San Giuseppe al Trionfale, di Sant’Ignazio di Antiochia, del Santo Rosario e dell’arciconfraternita di Santa Maria dell’Orto, ognuno con indosso il proprio abito confraternale.

Il cardinale vicario ha spiegato loro che esistono numerose e attualissime formule per esprimere il carisma originario che ha generato le confraternite, nate nei secoli scorsi per assistere i pellegrini, i malati, i moribondi, per occuparsi delle sepolture dei corpi. Per conformarsi alla società odierna è tempo per le confraternite di «strutturare un itinerario di riflessione sul carisma di fondazione, per riconciliarsi con il loro passato, con le loro radici, con il loro statuto di fondazione», ha affermato il porporato, rimarcando che anche oggi a Roma ci sono pellegrini, moribondi che soffrono da soli, salme che «vanno al cimitero senza una preghiera». È necessario, quindi, mettersi al passo con i tempi e alle confraternite chiamate per vocazione ad assistere i malati ha consigliato di recuperare il loro carisma originario visitando gli ospedali. «Chi era chiamato ad assistere i moribondi – ha proseguito De Donatis – oggi può fare apostolato nelle anticamere delle tante sale di rianimazione, dove i parenti si disperano e vivono la morte come una condanna senza appello. Chi era chiamato a seppellire i morti può offrire il suo tempo per la cura pastorale delle celebrazioni delle esequie nelle cappellanie dei cimiteri o nelle chiese parrocchiali. Nella mia esperienza di ministero – ha dichiarato – la celebrazione liturgica dei funerali spesso è la più desolata delle celebrazioni, non ci sono cantori, né lettori, né ministranti».

Nella sua meditazione, che ha preceduto le confessioni dei presenti, il vicario ha evidenziato che a Roma le confraternite sono tuttora «una grande risorsa della comunità diocesana perché esprimono una presenza evangelizzatrice che si affianca alla pastorale ordinaria». Nelle proprie parrocchie di appartenenza i confratelli e le consorelle testimoniano il proprio battesimo in modo concreto, esplicito e visibile attraverso l’abito che indossano. Proprio alla luce della vocazione battesimale il cardinale ha voluto che l’incontro con le confraternite avesse la forma di una celebrazione della misericordia di Dio. «Il cammino quaresimale iniziato da poco vede tutte le realtà diocesane impegnate in un cammino di reciproca riconciliazione tra noi e con Dio – ha affermato -. Quanto è importante chiederci perdono gli uni gli altri. Facciamo di questa liturgia penitenziale non un’operazione di “maquillage” ma scaviamo in profondità».

La celebrazione penitenziale è stata organizzata in collaborazione con tutte le prefetture, ha spiegato padre Giuseppe Midili, incaricato dell’Ufficio per le aggregazioni laicali e le confraternite del Vicariato. «Questo è stato un bel momento per ritrovarsi insieme – ha detto -. L’impegno profuso da ogni confraternita nella propria parrocchia di appartenenza va di pari passo con il lavoro avviato dalla diocesi, con la quale collaborate in modo trasversale».

18 marzo 2019