Le Clarisse di San Cosimato, in ascolto di storie e dolori del mondo

Nel monastero in zona Piramide vivono sette suore, tra silenzio e preghiera. Madre Antonia De Sisto: «Sempre una mano tesa a chi è in difficoltà»

«Il nostro telefono squilla continuamente», racconta madre Antonia De Sisto, badessa del monastero delle Clarisse di San Cosimato, in zona Piramide.  Monaca da quasi 60 anni, è entrata in convento a 15 anni. A portarla in monastero, lo sguardo pieno di gioia di sua zia, benedettina di clausura, che andava a trovare, da bambina, insieme ai genitori. «Sono originaria dell’Abruzzo. Quando ho capito che volevo andare in  monastero mia madre mi ha aiutato, mentre mio padre ci ha messo un po’ ad accettare la mia scelta». Una scelta che «rifarei senza dubbio».

Quel telefono che squilla porta in monastero tante storie e dolori. «Ci chiamano mamme che chiedono preghiere per i figli o persone distrutte dalle liti familiari. Oggi non c’è pace nelle case. A queste persone diciamo di stare tranquille. Noi, ogni giorno, portiamo il loro grido davanti a Gesù durante l’adorazione», racconta la madre. Ma il monastero non è solo ristoro per l’anima, lo è anche per il corpo. «Sono tante le persone malate. Sono papà con figli piccoli, mamme, persone di tutte le età». La chiesa delle monache è dedicata ai santi martiri Cosma e Damiano considerati protettori di medici e  farmacisti perché si dedicarono alla cura gratuita dei malati. Per questo vengono invocati nelle malattie. «A loro ci rivolgiamo nelle preghiere e chiediamo di illuminare i medici affinché possono guarire i corpi delle persone malate».

monastero clarisse san cosimatoAnche per le monache la vita non è semplice. Nel corso dei secoli hanno cambiato spesso monastero. La loro storia incomincia nel 1234 e solo nel 1933 hanno trovato la sede dove sono attualmente. Una sede che, con molti sacrifici, hanno cercato di migliorare perché aveva bisogno di lavori. In monastero vivono sette sorelle. «Stiamo insieme e chiediamo al Signore di darci la forza», dicono. Cardine della loro comunità è la vita fraterna, ma anche il silenzio e la preghiera. L’altro asse portante è l’adorazione eucaristica. «È meraviglioso stare davanti a Gesù e pregare per la Chiesa e per i fratelli», dicono le suore. Secondo voi quale potrebbe essere il farmaco al dolore del nostro tempo? «Il ritorno alla vita fraterna, come diceva la madre santa Chiara. Dobbiamo volerci bene, siamo qui proprio per questo. Sempre una mano tesa verso chi è in difficoltà», sottolineano.

«Oggi manca la comprensione, vestire i panni dell’altro», dice la madre Antonia De Sisto. «Mancano anche gli esempi. Se guardo i giovani mi rendo conto che vivono un tempo pieno di confusione. Vanno aiutati, spronati a trovare la loro strada – aggiunge -. Io credo che oggi bisogna ripartire. I giovani non vanno criticati ma ascoltati e accompagnati. Noi preghiamo molto per loro». Per la badessa, «oggi la grande malattia è che non c’è più relazione, già nella famiglia. Si vive in un perenne conflitto e questo rende difficile la vita cristiana, perché mancano le condizioni che portano l’essere umano a vivere in modo cristiano. Manca l’amore in tutte le sue espressioni». Un tempo orfano di amore, comprensione, esempi. Per questo è importante che «la Chiesa sia in uscita, come dice Papa Francesco, e vada verso queste persone spesso sole e confuse», dicono le monache.

In monastero oltre alla preghiera c’è il lavoro. «Confezioniamo abiti per i frati minori da più di 200 anni», spiega la madre. Nella preghiera si uniscono a una comunità di laiche consacrate che vive nella foresteria. «Sono donne di tutte le età che lavorano e la sera si incontrano per l’adorazione eucaristica. La loro giornata inizia con la Messa che fanno con noi alle 7 del mattino». Ogni giorno «è una riscoperta della bellezza di vivere insieme contemplando e vivendo il Vangelo», conclude madre Antonia.

17 ottobre 2019