Quando le buone notizie sono travolte dalla paura

Intervista al neo presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, Carlo Verna: «Non ci sono le condizioni per far crescere l’allarme nel Paese per il fenomeno migratorio. Razzismo sempre da condannare»

Minaccia o tragedia. L’ immigrazione è descritta così sui giornali. Il dramma degli sbarchi o il pericolo sicurezza. E così quattro notizie su dieci innescano ansia nel lettore. Questo è quanto emerge dal quinto Rapporto dell’associazione Carta di Roma su media e migranti. Ma non solo. Si parla meno di migranti e quando lo si fa i racconti prediligono toni d’allarme. Avvenire e il Giornale hanno il maggior numero di titoli, rispettivamente 265 e 254, ma con posizioni completamente opposte. Insomma è un racconto che alimenta la paura. «Ho letto il rapporto con amarezza», commenta il neo presidente dell’ordine dei giornalisti Carlo Verna, napoletano, in Rai da molti anni è stato voce storica di “Tutto il calcio minuto per minuto” e segretario dell’Usigrai dal 2006 al 2012.

Come commenta questi dati?

Bisogna fare molta attenzione al linguaggio che si usa. Questo è un aspetto importante della professione. E, poi, è necessario insistere sulla formazione. Non si può vietare a nessuno di ritenere allarmante un certo tipo di fenomeno perché si verrebbe meno all’articolo 21 della costituzione. Quello che si può fare è spiegare attraverso i corsi di formazione che non ci sono le condizioni per far crescere l’allarme nel Paese per il fenomeno migratorio. Abbiamo due strumenti: la formazione e le carte deontologiche.

Quali sono gli errori da evitare nella professione?
La semplificazione. Il giornalista ha il dovere di verificare e evitare generalizzazioni: deve raccontare un fatto senza luoghi comuni. Anch’io, essendo napoletano, vengo da un territorio dove i miei conterranei sono additati male. Può avvenire che qualcuno abbia dei comportamenti non consoni, ma non è detto che ciò sia estensibile a tutti. E lo stesso discorso vale per gli stranieri. Condannare solo per la provenienza da un territorio è razzismo.

Secondo lei perché questi toni allarmistici?
Quando si avvicinano le elezioni i toni si fanno sempre più forti. Si fa perno sulla paura. È come un fiume che travolge tutto, anche le storie belle.

Infatti il rapporto ha evidenziato che si parla meno di accoglienza.
Ricordiamoci che nei racconti non c’è solo il male, ma le buone notizie. Sono molti gli esempi di accoglienza che definirei eroici. E non dimentichiamo che anche noi siamo stati costretti a lasciare la nostra terra. Queste storie vanno raccontate. Il presidente dell’ordine non può dettare la linea editoriale, questo lo fa il direttore della testata. Io posso solo fare un appello. Ritengo che anche il lettore debba far sentire la sua voce, facendo capire che apprezza le storie di integrazione. Inoltre, questi racconti hanno un ruolo fondamentale perché permettono di prevenire episodi di violenza e facilitano l’integrazione.

E, poi, un ruolo lo gioca il giornalista.
La sensibilità di chi racconta una storia è un elemento fondamentale come la formazione. È un dovere trasformarci in un’agenzia culturale affinché tutti possano fare delle scelte consapevoli perché conoscano un episodio nella sua interezza.

Il 6 dicembre scorso c’è stato un blitz fascista sotto la redazione di Repubblica. Militanti di Forza Nuova a volto coperto hanno lanciato fumogeni.
Di fronte a questi episodi bisogna avere una reazione ferma, indignata e collettiva. Bisogna dire un secco “No” al manganello.

 

11 dicembre 2017