L’Avvento: vivere la comunione, grande “avventura”

Il tempo dell’attesa in senso pieno, nel quale stare al nostro posto, a casa nostra, per aspettare e aprire quando sentiamo Gesù bussare alla porta

Strano nome quello dell’Avvento. La parola latina “adventus” deriva dal verbo “advenire”, che vuol dire arrivare. L’Avvento narra di una venuta: c’è qualcuno che sta arrivando! Dallo stesso verbo latino deriva anche il termine “avventura”: gli “adventura” sono gli eventi che verranno, le cose che accadranno: è il futuro che non conosciamo, che ci sorprenderà e sfiderà. La vita ha sempre un che di avventuroso, perché il futuro è ignoto e nessuno può prevederlo. L’Avvento stesso è una avventura, perché il Signore, Colui che viene, arriva in un momento e in un modo che non si possono conoscere in anticipo. Come vivere questo Avvento-avventura?

Gesù ne parla espressamente nei Vangeli: non sapete quando è il momento, quindi state attenti e fatevi trovare al vostro posto. È chiaro: se Gesù è Colui che viene, e viene a cercare e a salvare ciò che era perduto; se, cioè, è lui che si muove in cerca di noi, la nostra attesa non sarà muoverci a nostra volta, ma restare fermi e farci trovare. L’Avvento è il tempo per stare al nostro posto, a casa nostra, per aspettare e aprire quando lo sentiamo bussare alla porta. Ed è per questo che è il tempo dell’attesa in senso pieno. Stare fermi per farsi raggiungere è la vera avventura, e non è facile per niente. Non perché sia difficile farsi trovare a casa in questo strano 2020: molti di noi non hanno mai passato così tanto tempo a casa come da quando il Covid è entrato con prepotenza nelle nostre vite. Chi avrebbe potuto immaginare, un anno fa, di vivere così? Siamo stati sorpresi dagli “adventura”.

A guardare la realtà con gli occhi della fede, sembra quasi che la situazione sanitaria, con le sue necessarie e dolorose restrizioni, ci dia oggi un’occasione concreta per vivere un Avvento più “fermo”, così come, mesi fa, il lockdown ci ha aiutati a vivere un tempo di Quaresima di vera privazione. Chiaramente non basta restare un po’ di più a casa per lasciarsi trovare dal Signore, perché ci sono modi anche molto statici di scappare, di distrarsi, di riempirsi la vita e di non farsi raggiungere. Una figura che può aiutarci è certamente Giuseppe, in particolare nel momento in cui scopre che Maria è incinta e pensa di ripudiarla in segreto. Pensa, in fondo, di sfilarsi da una vicenda che non capisce e studia il modo di farlo. Sembra quasi di sentire il frenetico movimento dei suoi pensieri angosciati: che faccio? Non posso continuare, ma non voglio nemmeno ripudiarla pubblicamente. Come uscire da questa situazione senza far del male a nessuno?

Povero Giuseppe! La storia l’ha sorpreso e spiazzato, per gettarlo in una avventura di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Un sogno, come sappiamo, lo ferma: rinuncerà alla sua intenzione e proseguirà portando a compimento il matrimonio. In fondo, Giuseppe non deve fare nulla in questa occasione. E proprio questa è la cosa difficile. Non muoversi, non scappare, non seguire la paura: «Giuseppe, figlio di Davide – dice l’angelo in sogno -, non temere» di restare in questa storia e «di prendere con te Maria».

Anche per noi, in questo Avvento, si tratta di stare fermi e di accettare l’avventura di lasciarci raggiungere dal Signore nella nostra realtà ordinaria. Che per alcuni oggi è fatta di malattia o di difficoltà, e per tutti è fatta di limitazioni e rinunce, più dolorose per chi vive già normalmente una maggiore solitudine. La sfida è non scappare interiormente, distraendosi e stordendosi in cose senza senso; non cercare soluzioni solo umane ai problemi e facili risarcimenti per ciò che ci viene tolto. Ma fare come Giuseppe, restando dove siamo. E magari approfittare per cercare una relazione più profonda con coloro con i quali abitiamo, per ascoltarci gli uni gli altri e parlarci con sincerità e affetto. È sempre questa la grande avventura: vivere la comunione. (Andrea Cavallini, direttore Ufficio catechistico del Vicariato di Roma)

9 dicembre 2020