Quando il lavoro fa stare male: la Giornata della salute mentale

La celebrazione il 10 ottobre. Riflettori accesi sui luoghi di lavoro, dove si sviluppano spesso stress e depressione. In Italia, circa 6 milioni i lavoratori colpiti, di cui 3,2 milioni sono donne. L’appello degli psichiatri alle aziende

Il lavoro può far male: e non solo perché tanti, ancora troppi, sono gli infortuni e gli incidenti, ma anche per i disturbi psicologici che l’ambiente di lavoro può procurare. E proprio ai luoghi di lavoro è dedicata quest’anno la Giornata mondiale della salute mentale, che si celebrerà domani, 10 ottobre. Una scelta che prende le mosse dalla consapevolezza che, su questo piano, ancora c’è evidentemente molto da fare, come dimostrano recenti dati. 

6 milioni di italiani. Il cosiddetto “stress da lavoro” colpisce infatti circa 6 milioni di lavoratori italiani su oltre 28 milioni. Il lavoro fa soffrire più frequentemente le donne (3,2 milioni): 500 mila ha disturbi d’ansia, 230 mila soffre d’insonnia, 220 mila di depressione, mentre 2,2 milioni presentano disturbi transitori di ansia, irritabilità, facilità al pianto, deficit di concentrazione, disturbi del sonno. Dati riferiti nei giorni scorsi a Milano, durante un incontro all’ospedale Fatebenefratelli, proprio in preparazione della Giornata mondiale della Salute mentale. 

L’appello degli psichiatri alle aziende. Nella stessa occasione, si è quindi levato un appello degli psichiatri, affinché le aziende adottino politiche più attente a questa problematica, soprattutto verso le lavoratrici donne. «La difficoltà di mettere insieme prospettive di carriera con la condizione di essere “caregiver” o madri, avere sulle spalle la gestione della famiglia e quant’altro incombe nella vita delle donne lavoratrici, le espone molto di più – ha denunciato infatti Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento Salute mentale dell’Asst Fatebenfratelli Sacco -. Chiediamo sportelli di ascolto, chiediamo strumenti di informazione e supporto e soprattutto di condivisione. Il messaggio deve essere chiaro: non si può tenere nascosto questo tipo di disagio e di sofferenza perché su di esso cala e grava un senso di vergogna e la paura di poterlo dichiarare senza subire conseguenze. L’ambiente lavorativo va riformulato in una nuova ottica – aggiunge Mencacci -. Un punto di vista che sia finalmente capace di contenere e realizzare appieno il tesoro della diversità tra uomini e donne, invertendo il corso di questa strada finora davvero in salita». 

Un problema non solo italiano. Anche a livello europeo, il tema dello stress lavoro-correlato è molto sentito. Secondo l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, «i rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato rappresentano una delle sfide principali con cui è necessario confrontarsi nel campo della salute e della sicurezza sul lavoro, in quanto hanno considerevoli ripercussioni sulla salute delle singole persone, ma anche su quella delle imprese e delle economie nazionali. Circa la metà dei lavoratori europei considera lo stress comune nei luoghi di lavoro e ad esso è dovuta quasi la metà di tutte le giornate lavorative perse. Come molte altre questioni riguardanti la salute mentale, spesso lo stress viene frainteso o stigmatizzato. Tuttavia, se li si considera come un problema aziendale anziché una colpa individuale, i rischi psicosociali e lo stress possono essere gestibili come qualsiasi altro rischio per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro». Oer quanto riguarda le dimensioni del problema a livello europeo, un sondaggio di opinioni effettuato dall’EU.OSHA rivela che «circa la metà dei lavoratori ritiene che il problema dello stress correlato con il lavoro sia comune sul luogo di lavoro – riferisce ancora l’Agenzia europea -. Tra le cause più frequenti di stress legato al lavoro figurano la riorganizzazione del lavoro oppure l’insicurezza del lavoro, le lunghe ore lavorative oppure l’eccessivo carico di lavoro nonché le molestie e la violenza sul lavoro». 

La depressione sul lavoro. Un capitolo a parte merita la depressione sul lavoro, che in Europa risulta essere tra le principali cause di assenza. Anche in questo caso, l’incidenza maggiore (circa il doppio) è tra le donne e la prima insorgenza è più frequente nell’età giovane (dai 20 ai 30 anni). In Italia, secondo uno studio condotto nel 2012, il 12% dei lavoratori soffre di forme di depressione più o meno accentuate (in difetto rispetto alla media europea, pari al 20% del totale dei lavoratori), dato che si traduce, tra le altre cose, in una media di 23 giorni annui di assenteismo sul lavoro correlato al “mal di vivere”. Questo fenomeno in qualche modo “di massa” è in un certo senso anche “paritario”, poiché colpisce le figure lavorative più varie, qualunque sia il loro grado o posizione ricoperta.

10 ottobre 2017