Cei: lavorare, fare «con» e «per» gli altri

Il messaggio dei vescovi per la Festa dei lavoratori, il 1° maggio: “Il lavoro per la partecipazione e la democrazia”. L’appello appello contro sfruttamento e precariato

Non un mero “fare qualcosa” ma «sempre» un «agire “con” e “per” gli altri, quasi nutriti da una radice di gratuità che libera il lavoro dall’alienazione ed edifica comunità». È la visione del lavoro radicata nell’enciclica Laborem Exercens del 1981, con cui si apre il messaggio dei vescovi italiani per la prossima Festa dei lavoratori, il 1° maggio. Il tema: “Il lavoro per la partecipazione e la democrazia”.

Immediata, per i presuli della Commissione per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, la correlazione con l’articolo 1 della Costituzione italiana. «La “cosa pubblica” – scrivono – è frutto del lavoro di uomini e donne che hanno contribuito e continuano a contribuire a un Paese democratico». E proprio al tema della democrazia è dedicata anche la 50ª Settimana sociale dei cattolici italiani, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio: “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”. «Senza l’esercizio di questo diritto, senza che sia assicurata la possibilità che tutti possano esercitarlo, non si può realizzare il sogno della democrazia», osservano.

Riprendendo le parole di Papa Francesco che, nella Fratelli tutti, parla del lavoro come del «grande tema» per una migliore politica, i vescovi ribadiscono – sempre con le parole di Bergoglio – che «non esiste peggior povertà di quella che priva del lavoro», invitando a «investire in progettualità, formazione e innovazione», aprendosi alle nuove tecnologie «che la transizione ecologia sta prospettando». L’obiettivo: «Creare condizioni di equità sociale».

Indispensabile, in questo contesto, guardare anche agli scenari di cambiamento che può innescare l’intelligenza artificiale, «in modo da guidare responsabilmente questa trasformazione ineludibile». Prendersi cura del lavoro, sottolineano i presuli, «è atto di carità politica e di democrazia».  Alle istituzioni, dunque, il compito di «assicurare condizioni di lavoro dignitoso per  tutti, affinché sia riconosciuta la dignità di ogni persona, si permetta alle famiglie di formarsi e di vivere serenamente, si creino le condizioni perché tutti i territori nazionali godano delle medesime possibilità di sviluppo, soprattutto le aree dove persistono elevati tassi di disoccupazione e di emigrazione».

Attenzione, nel messaggio dei vescovi, anche al tema della sicurezza sul lavoro – con «l’elevato numero di incidenti che non accenna a diminuire» – e alle risorse da mettere in campo contro il rischio esclusioni per chi perde il lavoro o deve riqualificare le sue competenze. «Un lavoro dignitoso – si legge nel testo – esige anche un giusto salario e un adeguato sistema previdenziale, che sono i concreti segnali di giustizia di tutto il sistema socioeconomico (cfr. Laborem exercens, 19)». E ancora, «bisogna colmare i divari economici fra le generazioni e i generi, senza dimenticare le gravi questioni del precariato e dello sfruttamento dei lavoratori immigrati. Fino a quando non saranno riconosciuti i diritti di tutti i lavoratori, non si potrà parlare di una democrazia compiuta nel nostro Paese».

Un compito di «giustizia», questo, al quale sono chiamati anche gli imprenditori. I lavoratori da parte loro, esortano i vescovi, «si sentano corresponsabili del buon andamento dell’attività produttiva e della crescita del Paese, partecipando con tutti gli strumenti propri della democrazia ad assicurare, non solo per sé ma anche per la collettività e per le future generazioni, migliori condizioni di vita». Supportati, in questo, «dalle associazioni dei lavoratori, dai movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e con gli uomini del lavoro».

Da ultimo, l’appello alle Chiese in Italia, impegnate nel cammino sinodale, a « manifestare vicinanza e attenzione verso le lavoratrici e i lavoratori il cui contributo al bene comune non è
adeguatamente riconosciuto, come anche a tenere vivo il senso della partecipazione». Con il supporto degli uffici diocesani e delle cappellanie del lavoro. «Ciascuno – è la conclusione del messaggio – deve essere segno di speranza, oltre che mettersi in ascolto di quei fratelli e sorelle che chiedono inclusione nella vita democratica del nostro Paese».

28 febbraio 2024