Lateranense, nasce il biennio in Teologia interconfessionale

Il coordinatore del comitato scientifico Lorizio: «Educare a una forma mentis teologica e dare vita a un laboratorio di ricerca sulla figura di Cristo»

Alla base del nuovo percorso di studi in Teologia interconfessionale, che la Pontificia Università Lateranense proporrà dal prossimo anno accademico e che è stato presentato con un diretta sulla pagina Facebook dell’ateneo venerdì pomeriggio, 19 giugno, c’è una «domanda evangelica di senso: “Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà la fede sulla Terra?”». A spiegarlo è stato monsignor Giuseppe Lorizio, teologo e coordinatore del comitato scientifico formato da rappresentanti delle diverse confessioni cristiane che ha ideato il biennio di specializzazione. «Questa nuova impresa, da alcuni definita audace – ha detto in apertura dei lavori il sacerdote, che è anche docente di Teologia fondamentale alla Pul -, vuole dare spazio a due urgenze: educare a una forma mentis teologica, capace di dare una dimensione scientifica e didattica a una teologia cristiana che fonda e costituisce l’orizzonte delle diverse Chiese, e dare vita ad un laboratorio di ricerca sulla figura di Cristo, per innestarla poi nell’areopago culturale attuale».

Strutturata in sei moduli (storico-patristico, biblico-fondamentale, dottrinale-dogmatico, etico-morale, liturgico-cultuale e missionario), la specializzazione in Teologia interconfessionale «sarà curata da docenti cattolici, ortodossi, riformati delle diverse Chiese e favorirà sacerdoti e laici che, rientrando nelle loro comunità di origine, possano animarle e servirle nello spirito della “cultura dell’incontro”, proposta dall’insegnamento di Papa Francesco». È stato proprio il Santo Padre, durante la visita in Lateranense del 31 ottobre 2019, a incoraggiare questa iniziativa, insistendo sull’importanza del dialogo inteso non solo come un modo per vivere o coesistere ma piuttosto come un criterio educativo.

Convinto del valore del nuovo ciclo di studi, «perché davvero il Cristianesimo può incidere nei rapporti tra le persone e i popoli», il rettore dell’Università del Laterano Vincenzo Buonomo, che ha sottolineato come «prima di poter parlare di dialogo, che mai è perdita di identità ma sempre arricchimento reciproco, c’è bisogno di persone formate nella loro confessione religiosa, capaci di compiere un cammino condiviso».

presentazione biennio interconfessionale, lateranense

La presentazione del nuovo corso di studi è stata l’occasione per una tavola rotonda a tre voci che hanno presentato rispettivamente la prospettiva teologica cattolica, evangelica e ortodossa sul tema “Il futuro del cristianesimo”. Per parte cattolica, Piero Coda, docente  trinitaria e coordinatore del dipartimento di Teologia, Filosofia e Scienze umane dell’Istituto Sophia, ha osservato come «oggi abbiamo bisogno di nuove narrazioni della Chiesa, a partire però unicamente dalla narrazione di Cristo, altrimenti il nostro racconto risulta insipido». Constatando, nella società attuale, «prima della richiesta di una religiosità, una domanda di metanoia, ossia di autentico cambiamento», il teologo ha proposto quattro strade percorribili. «Occorre che ci mettiamo dapprima in ascolto dello Spirito – ha affermato -, per poi aprirci a un dialogo capace di risvegliare la forza del pensiero e attuare così nuove forme e istanze di annuncio, sapendo infine riconoscere l’unità nella diversità».

Hans Martin Barth, docente di Teologia sistematica e di Filosofia delle religioni all’Università di Marburg, la più antica università protestante fondata nel 1527, ha asserito che «la molteplicità e la varietà sono elementi positivi», sostenendo che «l’unità nella fede non corrisponde all’uno matematico ma a quello trinitario della relazione e del dialogo». Ancora, «l'”essere uno” nella relazione non implica eliminare la diversità», specie perché «ogni Chiesa ha un suo compito particolare e il Protestantesimo ha quello di sviluppare una nuova idea di comunione alla luce dell’idea di sacerdozio universale, affinché ciascuno abbia sempre maggiore consapevolezza e concretezza nel vivere la propria fede». L’ultima a intervenire è stata Tamara Grdzelidze, docente del Mount Holyoke College delMassachusetts. L’esperta di agiografia georgiana si è detta convinta che «l’atto di fare memoria possa essere fonte di riconciliazione» e che «la storia possa cambiare solo con la volontà di stabilire nuove relazioni con il passato, con la disponibilità a ricordare non per il semplice scopo di ricordare ma per fare la pace».

Le relazioni dei tre esperti erano state precedute dall’intervento del sociologo Enzo Pace, docente emerito dell’Università di Padova, il quale ha osservato come «le forme moderne del credere sono legate all’individualismo, che rompe il filo della memoria collettiva, facendo sì che ognuno ritenga di poter scegliere per sé una “Chiesa su misura”».

22 giugno 2020