L’ascolto delle persone dipendenti: ludopatia

Il gioco d’azzardo patologico: la malattia di uno che diventa la malattia di tutti, con conseguenze personali, familiari, sociali, affettive

Il gioco fa parte della cultura di tutte le società umane e accompagna la nostra esistenza sin dall’inizio tanto da poter affermare che la vita, in fondo, è tutta un gioco che però, a volte, può diventare pericoloso e può toccare, “terremotare”, compromettere e anche distruggere le cose importanti. Da bambini, il gioco è il teatro del nostro mondo interiore e questo probabilmente continua anche durante la crescita e la vita adulta perché permette di attualizzare sogni e desideri, adeguamento e trasgressione delle regole, disconoscimento e adattamento alla realtà, divertimento, progetto e addestramento attraverso le sue dimensioni che sono: affettive, cognitive, motorie, relazionali, agonistiche. Nel gioco c’è la sospensione della dimensione temporale, che diventa ciclica e fa prevalere la dimensione istintuale. Nel gioco c’è ripetitività e questo nel bambino permette l’esperienza, mentre nell’adulto permette il desiderio illusorio di ripristinare la temporalità ciclica perduta ed esorcizzare l’incedere del tempo, che è causa di tensioni e angosce. Nel gioco si privilegia la creatività, che permette lo sviluppo della crescita emotiva e cognitiva verso l’età adulta dove, in questa fase, spesso il gioco diventa hobby, via di mezzo fra divertimento e lavoro.

Giocare e mettersi in gioco fa ritrovare la propria vera anima, permette di ritrovarsi nell’intimo, aiuta ad allentare le tensioni, fa sentire vivi e pulsanti: questo è quello che succede quando gli adulti giocano (“gioco buono”). A volte, però, il gioco si complica, smette di essere questo e diventa un gioco “cattivo”. Quando il gioco diventa “cattivo” compromette il funzionamento della vita quotidiana delle persone e questo significa che si è usciti dalla normalità ed entrati nella patologia. Il disturbo siglato come Gap (Gioco d’azzardo patologico) rientra nelle forme di dipendenza oggi chiamate New Addictions (nuove dipendenze) nelle quali, rispetto alle “classiche” dipendenze, non è implicato il coinvolgimento di una sostanza chimica d’abuso. La dipendenza non è un vizio ma una vera e propria malattia caratterizzata da un processo che si innesca quando una persona, nel contatto con un particolare oggetto (sostanza o situazione), sperimenta se stesso in maniera diversa e vive questa ristrutturazione del sé come positiva e più funzionale.

Ci possono essere, nelle persone che “entrano nel gioco d’azzardo patologico”, comportamenti che, per essere considerati e valutati nel loro pieno significato, richiedono attenzione. Quello che deve far allarmare per esempio fa riferimento a: bisogno di giocare con una sempre maggiore quantità di soldi; essere sempre alla ricerca di denaro (chiedere prestiti ad amici e familiari, ma anche a banche e finanziarie spesso con strumenti informatici); minimizzare la portata delle perdite e dei problemi connessi al gioco; continua voglia di rifarsi delle perdite di denaro subite; impossibilità di smettere di giocare; mentire a parenti, amici, colleghi sulla frequenza e sull’entità della problematica.

ludopatia azzardo macchinetteIl giocatore patologico scivola progressivamente nell’illusione di poter controllare il gioco, prevederne l’esito, determinare il caso, dominare la fortuna. Il giocatore dipendente è convinto con certezza che se vincerà non sarà stato  “per caso”  ma  per  suo  merito  in  quanto vittima di una serie di false credenze e pensieri erronei (aspetti magico – onnipotenti tipici del pensiero del giocatore d’azzardo patologico) che condizionano il suo comportamento. Il gioco d’azzardo patologico è la malattia di uno che diventa la malattia di tutti nel senso che porta con sé conseguenze personali, familiari, sociali, lavorative, affettive, ecc. rispetto a tutti i soggetti legati direttamente o indirettamente al giocatore dipendente. Per questo motivo qualsiasi tipo di trattamento prende necessariamente le mosse da un momento di riflessione, individuale o familiare, in cui il soggetto deve prendere coscienza della gravità del problema e decidere di chiedere aiuto. Questo è il primo passo per un trattamento integrato della persona interessata e di tutti coloro che hanno con lui legami importanti.

L’elemento portante, soprattutto in questa fase della dipendenza ovvero quando è emersa in modo manifesto tutta la drammaticità della problematica, la condizione vissuta dal giocatore dipendente è una condizione di grossa solitudine. Nel lavoro degli operatori della relazione d’aiuto capita spesso di supportare persone con problemi di gioco d’azzardo patologico, offrendo ascolto, sostegno e la possibilità di uscire da questa solitudine. La difficoltà maggiore interessa proprio il momento di passaggio dal mondo del segreto al mondo della chiarezza. È in questa fase che c’è la possibilità di chiedere un aiuto e di rivolgersi a strutture qualificate per questa specifica dipendenza. In ciò anche gli operatori della relazione d’aiuto dei Consultori e dei Centri di consulenza familiari della diocesi di Roma possono essere senz’altro e decisivamente importanti per accompagnare le persone in questi momenti di grande difficoltà, isolamento e solitudine ed offrire un ascolto ed una relazione come primi passi per recuperare una funzionalità che, se non recuperata, porterà i giocatori dipendenti a perdere tutto quello di importante possono avere nella loro vita. (Claudia Bartalucci, psicologa, psicoterapeuta e consulente della coppia e della famiglia, con Armando Angelucci, neurologo, psicoterapeuta, consulente della coppia e della famiglia e docente della Scuola italiana per consulenti familiari – Sicof – di Roma)

6 dicembre 2019