L’ascolto delle persone dipendenti: internet e social network

Il mondo del web può diventare un “mondo di mezzo” dove fantasia e realtà si fondono, dove i conflitti sono fini a se stessi e dove viene sconfitta la solitudine

I tablet e gli smartphone vengono definiti prodotti “user friendly”, cioè tecnologie “amiche degli utenti” e, come i veri amici, ci fanno compagnia, anticipano le nostre mosse, ci supportano e ci aiutano. Le dita scivolano e maneggiano gli schermi con sicurezza, con movimenti naturali, quasi a diventare “prolungamenti” dei dispositivi stessi e questo porta a “maneggiare l’amico degli utenti” circa 3 ore al giorno tanto da farlo diventare il nostro più prezioso amico. Per gli adolescenti, le ore giornaliere da 3 diventano 8-9-10…. tanto da creare una inconsapevole ma ben visibile situazione di dipendenza, che spesso coinvolge anche i genitori.

Una delle patologie delle nuove generazioni viene definita “nomofobia” (no-mobile-fobia), ovvero la fobia di rimanere senza smartphone perché si scarica o non si connette alla rete internet. Il tutto interesserebbe 8 adolescenti su 10, che vivono tale eventualità come catastrofica e ansiogena. Da questo deriva il fenomeno del “vamping”, ossia l’abitudine di rimanere svegli fino a notte fonda per chattare e controllare i profili social. Questi aspetti “problematici” interessano in vario modo anche gli adulti, qualunque sia l’uso dello smartphone. Possiamo aggiungere termini, definizioni, concetti a quanto fin qui detto ma, a nostro parere, la sostanza di queste riflessioni è che spesso ci troviamo di fronte a una dipendenza patologia, dove la patologia sta nella “relazione con la rete” che per altro deve fare i conti con la “relazione con lo strumento tecnologico”.

L’uso dei social permette di sperimentare una relazione virtuale nella quale si può a piacimento entrare e uscire in qualunque momento e dove domina l’individualismo (narcisismo) che caratterizza il funzionamento personologico del “connesso-social”, il tutto permesso dalla rete. La rete permette di creare relazioni, o meglio permette di comunicare e trasmettere ma questo, per quanto spesso dimenticato, deve fare i conti con un limite perché se le parole sono importanti ancora più importanti sono il contatto corporeo, il tempo e lo spazio, le emozioni, i sentimenti, le sensazioni che l’altro trasmette. Tutti questi aspetti fanno fatica a passare nelle connessioni, dove possono solo essere descritti, ma sono insostituibili per strutturare relazioni. Se la relazione, impegnandosi, permette a due o più persone di condividere e andare in una direzione comune, avendo coscienza che entrare, stare e uscire dalla relazione è sempre faticoso, nella rete connettersi e sconnettersi, ovvero impegnarsi o disimpegnarsi, hanno lo stesso valore: esistono i tasti “elimina” ed “esci”.

Tutto questo avviene in un continuo muoversi tra solitudine e impegno, tra esclusione e vincolo, tra distacco e coinvolgimento. Nell’intimità apparente della comunicazione in rete esponiamo noi stessi, i nostri desideri, bisogni e preoccupazioni, insieme alla lista della spesa. Tutto questo che vorrebbe tendere alla crescita della “relazione” potrebbe diventare motivo di distruzione della stessa. Ognuno di noi ha una stanza segreta che è un luogo interno ma anche il posto esterno dove le cose accadono. A volte viene sostituita dallo spazio virtuale (smartphone) che smette di essere uno spazio usato per comunicare il proprio mondo interno diventando esso stesso lo spazio-propria stanza segreta. Il mondo del web allora da facilitatore dello sviluppo diventa un “mondo di mezzo” dove fantasia e realtà si fondono, dove i conflitti sono fini a se stessi e dove viene sconfitta la solitudine.

Ma come fare a ricordarci e ad insegnare ai nostri figli che il web non è la vita vera, ma il frammento di qualcosa di intangibile?

  • Sicuramente dando il “buon esempio”: spesso ci troviamo a rimproverare i ragazzi perché sembrano rimanere connessi 24h su 24, ma spesso con difficoltà riusciamo a lasciare il cellulare in borsa o in un’altra stanza.
  • Parlandone insieme: in questa società sempre connessa spesso ci si aspetta dai ragazzi che sappiano come utilizzare nel modo corretto la tecnologia e il web ma purtroppo non è sempre così! Parliamo, quindi, con i ragazzi condividendo esperienze, suggerimenti ed emozioni connesse alla nostra relazione col mondo virtuale.
  • Cercando di impostare degli orari: ormai sappiamo che l’utilizzo dei dispositivi condiziona la nostra vita di tutti i giorni anche sul piano fisico (luce blu, posizioni scorrette, ecc); perché allora non provare a definire delle fasce orarie in cui lasciare i nostri fidati devices distanti da noi e dedicarci ad altro.

Questi piccoli suggerimenti forse ci permetteranno di porre un confine fra i due aspetti delle nostre vite, quello connesso e quello non connesso, quello della fantasia e della realtà, e di insegnare anche ai più giovani la differenza fra questi due mondi. L’uso/abuso della rete, così come descritto, evidenzia almeno due aspetti della condizione umana: la solitudine e il bisogno di comunicare. Un valido aiuto sicuramente è quello degli operatori della relazione d’aiuto (Consultori e dei Centri di consulenza familiare della diocesi di Roma) che, accogliendo l’altro nell’ambito di relazioni sane e risananti, offrono  percorsi educativi-formativi rivolti a tutti ma in particolare ai nostri adolescenti, all’adolescente che ci portiamo dentro e alle figure genitoriali, affinché possano maturare le proprie capacità contenitive che sono primariamente necessarie per far sì che i figli possano sperimentare un uso sano della rete. (Claudia Bartalucci,  psicologa, psicoterapeuta e consulente della coppia e della famiglia, con Armando Angelucci, neurologo, psicoterapeuta, consulente della coppia e della famiglia e docente della Scuola italiana per consulenti familiari – Sicof – di Roma)

20 dicembre 2019