L’arcivescovo Pizzaballa è il nuovo patriarca latino di Gerusalemme

Lo ha nominato Papa Francesco il 24 ottobre. Dal 2016 amministratore apostolico del Patriarcato, è al servizio della Custodia di Terra Santa dal 1999

Dall’ottobre del 1847, quando Pio IX  ripristinava il Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, vacante dal tempo delle Crociate, l’arcivescovo Pizzaballa è il decimo patriarca latino di Gerusalemme. Lo ha nominato sabato 24 ottobre Papa Francesco, dopo che nel 2016 lo aveva voluto come amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme – che estende la sua giurisdizione sui fedeli cattolici di rito latino di Israele, Palestina, Giordania e Cipro -, in seguito alle dimissioni per limiti di età del patriarca Fouad Twal.

Originario di Cologno al Serio, in provincia di Bergamo, 55 anni, Pizzaballa appartiene all’ordine dei Frati minori. In Terra Santa dall’Ottobre del 1990, dove completa gli studi di specializzazione allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme nel 1993, dal 2 luglio 1999 entra formalmente a servizio della Custodia di Terra Santa ricoprendone il ruolo di Custode e Guardiano del Monte Sion, per la prima volta nel maggio del 2004, per un periodo di sei anni. Nel maggio 2010 è riconfermato dal ministro generale dell’ordine per un altro mandato di tre anni e, nel giugno 2013, per i successivi tre anni. Il 24 giugno 2016 Papa Francesco lo nomina Amministratore apostolico del Patriarcato Latino, elevandolo alla dignità di arcivescovo. Il 10 settembre dello stesso anno, a Bergamo, l’ordinazione episcopale. Diversi gli uffici ricoperti in questi anni in Terra Santa, tra cui il ruolo di vicario generale del patriarca latino di Gerusalemme per la cura pastorale dei cattolici di espressione ebraica in Israele.

Il patriarca latino è membro di diritto del Consiglio dei patriarchi cattolici d’Oriente e della Conferenza dei vescovi latini nelle regioni arabe. È l’unico tra i vescovi cattolici di rito latino ad avere il diritto di portare il titolo di “Sua Beatitudine” ed è anche Gran Priore dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. «Resto per camminare tra voi e con voi, nella fede e nella speranza, attendendo la Forza che viene dall’alto. Vorrò camminare innanzitutto con i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i diaconi e i seminaristi: con loro resto al servizio di tutti, per testimoniare e imparare il primato di Dio e dei Suoi tempi, la pazienza della semina, l’attesa colma di speranza e certa dei frutti dello Spirito». Queste le parole con cui Pizzaballa ha accolto la nomina, giunta alla vigilia della festa della Beata Vergine Maria, Regina di Palestina, patrona della diocesi del Patriarcato latino. «Non posso sottrarmi alla suggestione e al “peso” di questo verbo», scrive nel suo messaggio alla diocesi, riferito a quel “restare”: «È il verbo della pazienza matura, dell’attesa vigile, della fedeltà quotidiana e seria, non sentimentale e passeggera». Ma è anche «il verbo dell’amore, quello vero, quello che si impara nel Cenacolo e al Getsemani. È per me il significato più difficile. In un tempo caratterizzato sempre più dall’evasione e dalla fuga, dalla velocità e dalla ricerca di emozioni sempre più forti, sembra quasi un invito superato, vecchio, impossibile».

Non manca, nelle parole del nuovo patriarca, il dicordo dai «problemi antichi e nuovi che ci affliggono». Da una politica «dal corto respiro e incapace di visione» a «un’economia che sta impoverendoci sempre di più» fino a «questa pandemia, con l’imposizione di ritmi lenti e contrari alla vita cui eravamo abituati». E ancora, le scuole e le comunità ecclesiali, con i tanti problemi «dentro e fuori di noi, che già conosciamo». L’esortazione: «Non dobbiamo scoraggiarci. Ho sperimentato in questi quattro anni che, insieme ai tanti problemi, abbiamo anche le risorse, il desiderio e la forza di guardare avanti con fiducia, capaci di vivere l’ambiguità di questo tempo con speranza cristiana – le parole di Pizzaballa -. E anche per questo sento rivolto anche a me e alla nostra Chiesa l’invito a “rimanere” non tanto in un luogo ma innanzitutto in una disposizione dell’animo, in una disponibilità vitale: restare fedeli al dono di Cristo e di noi stessi per la salvezza del mondo».

26 ottobre 2020