L’arcivescovo Palmieri: Shahbaz Bhatti, «testimone della misericordia di Dio»
A San Bonaventura la Messa in memoria del ministro pakistano per le minoranze assassinato a Islamabad nel 2011. Il fratello Paul: «Nel Paese una generazione cresciuta con ideologie violente»
«Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo Paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri». Le parole del testamento spirituale di Shahbaz Bhatti, ministro pakistano per le minoranze assassinato a Islamabad la mattina del 2 marzo 2011, sono risuonate forti nella parrocchia di San Bonaventura da Bagnoregio, a Torre Spaccata, dove venerdì 15 gennaio l’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicegerente della diocesi, ha presieduto la Messa in memoria del primo cattolico a ricoprire l’incarico di ministro in Pakistan. Commentando il brano del Vangelo di Marco in cui Gesù è accusato di bestemmiare perché secondo gli scribi solo Dio poteva perdonare i peccati, il presule ha messo in risalto la «strana e bella consonanza» con la vicenda di Bhatti, alfiere della lotta per la riforma della legge sulla blasfemia e strenuo sostenitore di Asia Bibi, prima donna pakistana ad aver trascorso 3.421 giorni di carcere perché accusata di blasfemia.
Fin dall’infanzia Shahbaz «si era impegnato per le minoranze» arrivando a «promettere a Cristo di dedicare la sua vita al prossimo, soprattutto ai perseguitati a causa della propria fede», ha detto Paul Bhatti, fratello di Shahbaz che ha portato la sua testimonianza durante l’incontro promosso dal Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese della diocesi con il gruppo Nuovi martiri, costituito dalle associazioni Archè, Finestra per il Medio Oriente, parrocchia Sant’Innocenzo I Papa e San Guido Vescovo e dalla Comunità Missionaria di Villaregia. Specializzato in chirurgia pediatrica a Padova, Paul ha raccontato di aver tentato in tutti i modi di convincere Shahbaz, ultimo di sei figli, a lasciare il Pakistan; in risposta riceveva invece l’invito a tornare in patria e ad aiutarlo nella sua missione di pace. Quando l’ex ministro è stato assassinato, Paul è tornato a casa per i funerali con il preciso intento di rientrare presto in Italia con la sua famiglia. «Ma le cose sono andate diversamente – ha spiegato -. In tanti, compresi cittadini musulmani, mi hanno chiesto di portare avanti la sua opera. Dopo aver ricevuto la benedizione di nostra madre, testimone dell’omicidio di Shahbaz, per alcuni anni ho lavorato per l’integrazione degli ultimi».
In Pakistan, è stato rimarcato durante l’incontro, la situazione dei cristiani perseguitati non è migliorata, se ne parla meno. Tra le ultime vittime, la 24enne Sonia Bibi, cristiana, uccisa il 30 novembre scorso a Rawalpindi con un colpo di pistola alla testa perché aveva rifiutato le nozze islamiche. In tanti si sono mobilitati per Huma Younus e Maira Shahbaz, due minorenni costrette al matrimonio dopo essere state rapite, violentate e convertite. «Il Pakistan è un bel Paese – ha detto Paul – ma c’è una generazione che è cresciuta con le ideologie violente, bambini ai quali, fin da piccoli, gli estremisti hanno instillato sentimenti di odio. Ci sono avvocati cristiani che stanno seguendo questi casi ma non è semplice cambiare una società dove questa è l’ideologia predominante».
Shahbaz, ha rimarcato l’arcivescovo Palmieri, «era estremamente e profondamente convinto che Dio è misericordia per tutti, cristiani, indù e musulmani. È a servizio di questa riconciliazione e di questa comunità riconciliata, dove le differenze convivono per la pace, che ha donato la sua vita. Con il suo martirio ha testimoniato che è blasfemo chi dice che Dio non vuole la pace ma la guerra. Non ha pensato che la pace e la convivenza fossero un sogno o una utopia». Seguendo il suo esempio e i suoi insegnamenti dobbiamo tutti credere «nella possibilità di un mondo di pace, a partire dal quartiere in cui si vive».
Il titolo presbiteriale di San Bonaventura da Bagnoregio è assegnato al cardinale Joseph Coutss, arcivescovo di Karachi, la più popolosa città del Pakistan. Per questo la comunità «si sente particolarmente vicina a questo popolo geograficamente lontano ma unito a noi dalla fede», ha aggiunto il parroco, don Stefano Cascio. La Bibbia di Shahbaz Bhatti è conservata nella basilica di San Bartolomeo all’Isola, Memoriale dei Martiri del XX e XXI secolo, come ha ricordato Roberto, collaboratore della Comunità di Sant’Egidio e amico dell’ex ministro che «grazie alla forza che attingeva dalla preghiera non si è mai tirato indietro nonostante le minacce ricevute».
18 gennaio 2021