L’arcivescovo Morandi: la gratitudine per la chiamata

La Messa su Rai1 nella “domenica del Buon Pastore” celebrata a Sant’Anastasia. Tempo di prova della pandemia, aiuto «per verificare autenticità della fede»

Nella IV domenica di Pasqua, tradizionalmente ribattezzata “domenica del Buon Pastore”, il cristiano è chiamato a chiedersi se sia capace di «leggere, anche spiritualmente, insieme al Pastore buono», questo tempo così difficile per la pandemia causata dal coronavirus. Se sia in grado di leggere questi mesi di prova «come un aiuto per verificare l’autenticità della propria fede e della propria relazione con Cristo». L’arcivescovo Giacomo Morandi, segretario della Congregazione per la dottrina della fede, ha suggerito ai fedeli di porsi queste domande durante la Messa presieduta ieri, domenica 3 maggio, nella basilica di Sant’Anastasia al Palatino e trasmessa in diretta da Rai Uno all’interno del programma di approfondimento religioso “A Sua immagine”, condotto da Lorena Bianchetti.

All’inizio della liturgia, ricordando che la Chiesa celebrava la 57ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, il presule ha invitato a fare proprie le esortazioni di Papa Francesco, che «sprona a riscoprire le parole della nostra vocazione, la gratitudine per la chiamata, il coraggio per dire di “sì”, per vincere la fatica e fare della nostra vita un’offerta a lode e gloria di Dio seguendo l’esempio della Vergine Maria». Nel Vangelo di Giovanni, proclamato da don Dario Criscuoli, rettore della basilica e direttore del Centro diocesano per la pastorale familiare, Gesù si presenta ai suoi discepoli come il pastore che dona la vita per le sue pecore. Egli è “la porta” dell’ovile, ovvero il mediatore tra Dio e gli uomini.

L’arcivescovo ha ricordato che nell’originale versione greca della Bibbia, in realtà, Gesù è il “bel pastore”, colui che ama profondamente tutte le sue pecore alle quali «offre la sua parola e la sua testimonianza di vita». Si è quindi soffermato su un dettaglio della pericope in cui il pastore «chiama le sue pecore, ciascuna per nome». Per il cristiano, ha notato Morandi, «è essenziale sapere che il Signore conosce il nostro nome». Il rapporto tra Dio e l’uomo non è basato su «una conoscenza generica o astratta ma personale. Lui sa quali sono le nostre fatiche, i nostri dubbi, le nostre prove, le nostre speranze, i nostri progetti. Ci conosce e ci ama profondamente. Nulla della nostra vita gli è estraneo».

I credenti sono chiamati ad ascoltare la voce del pastore che cammina loro innanzi. A questo proposito il presule ha domandato se ancora oggi «siamo in grado di conoscere il Signore. Abbiamo con Lui tale familiarità e confidenza? Nella babele di voci sappiamo riconoscere quella di Gesù?». Cristo, ha concluso, è la “porta” che conduce all’incontro con il Padre e «la vita cristiana non si limita semplicemente all’osservanza di una legge ma implica l’entrare in una relazione vitale dove noi come figli nel Figlio, guidati dallo Spirito Santo, siamo resi partecipi di una comunione di vita».

La basilica di Sant’Anastasia è dedicata alla santa di Sirmio, una donna romana morta martire sotto le persecuzioni di Diocleziano. Sorge alle pendici del Palatino e su preesistenti strutture romane esterne alla recinzione del Circo Massimo. La chiesa è collegata all’opera di san Girolamo – biblista che tradusse in latino le Sacre Scritture -, che qui portò dalla Terra Santa un frammento del velo di Maria Vergine e il manto di san Giuseppe custoditi in un prezioso reliquiario.

4 maggio 2020