L’arcivescovo Jeanbart (Aleppo) racconta la Siria di oggi

In una lettera indirizzata all’Agenzia Sir il presule denuncia «le sanzioni e l’embargo che ci vengono inflitti»; parla di «aggressioni e crudeltà, nel silenzio dell’Occidente»

«Sanzioni ed embargo che ci vengono inflitti e che colpiscono tutti gli abitanti, soffocando in particolare i meno fortunati, che sono moltissimi». Comincia da qui il racconto della Siria di oggi che l’arcivescovo greco-melkita di Aleppo Jean-Clément Jeanbart compone in una lettera indirizzata all’Agenzia Sir. Sanzioni commerciali e finanziarie, prosegue, «messe consapevolmente in atto per impedire la ricostruzione, la riabilitazione e la rinascita economica della Siria. Tante famiglie non riescono ad andare avanti non avendo il necessario per sfamare i propri figli. La nostra moneta ha perso molto del suo valore ed è crollata. L’inflazione galoppante lascia i lavoratori, pagati in valuta locale, in condizioni miserabili».

Ancora, il presule riferisce di «aggressioni, cattiverie e crudeltà che colpiscono duramente i più vulnerabili. Fabbriche, scuole, ospedali e infrastrutture come gasdotti demolite e vandalizzate. Con amarezza – prosegue – vediamo bruciare i nostri campi di grano, i nostri oliveti, i nostri vigneti e un gran numero di alberi da frutto amorevolmente piantati e curati dai nostri poveri contadini». Il tutto «nel silenzio di quell’Occidente evoluto che sempre si leva in piedi contro maltrattamenti e ingiustizie ma che nel nostro caso si sta mostrando insensibile».

Nelle parole dell’arcivescovo c’è tutto il rammarico dei cristiani d’Oriente per la «mancanza di interesse per la nostra dolorosa situazione». Tuttavia, prosegue, «siamo grati per il sostegno della Chiesa e delle sue organizzazioni, che riconoscono, insieme a Papa Francesco, che siamo “Fratelli Tutti”, senza alcuna esclusione. Abbiamo bisogno di aiuto ma ancora di più che i nostri amici e benefattori agiscano per spingere la politica dei loro Paesi a revocare le sanzioni che pesano così tanto su di noi e che ci stanno impoverendo in modo drammatico. Sappiamo che Dio non ci abbandona», conclude il presule che ricorda quanto è stato possibile fare «con quello che ci manda la Provvidenza: cibo, vestiti, medicine, carburante, case, acqua, istruzione, assistenza degli anziani. La gente si accontenta di ciò che riceve – rileva – e di questo non si può non dare gloria al Signore. Qualunque cosa accada, non dobbiamo dimenticare che il Signore ci ha ben protetti durante questa guerra omicida; ancor meno abbiamo il diritto di dubitare della Sua presenza tra noi».

4 febbraio 2021