L’arcivescovo di Erbil: il numero dei cristiani può diminuire ancora

La denuncia di monsignor Bashar Matti Warda: delle 13.500 famiglie di fedeli registrate lo scorso anno nella diocesi, oggi ne rimangono soltanto 10mila

La denuncia di monsignor Bashar Matti Warda: delle 13.500 famiglie di fedeli registrate lo scorso anno nella diocesi, oggi ne rimangono soltanto 10mila
Lo ha confidato alla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre, visitandone il quartier generale in Germania, l’arcivescovo caldeo di Erbil Bashar Matti Warda: «I cristiani ormai hanno perso qualsiasi speranza di tornare presto alle loro case». A più di un anno dal massiccio esodo da Mosul e dalla Piana di Ninive «nessuno si lascia andare a false illusioni sulla possibilità che i territori in mano ad Isis possano essere liberati in breve tempo». Intanto la Chiesa cerca di fare il possibile per alleviare le sofferenze della popolazione e aiutare i cristiani a rimanere in Iraq. «Quando vedono i tanti sforzi che facciamo per loro, sono meno propensi ad emigrare», afferma monsignor Warda.

Molte le famiglie cristiane che continuano ad abbandonare la patria. Delle 13.500 registrate lo scorso anno nella diocesi di Erbil, oggi ne rimangono soltanto 10mila. Migrazioni incentivate, a detta del presule, anche dalle immagini che giungono dall’Europa. «In televisione – riferisce – vedono l’enorme flusso di rifugiati che giungono nei Paesi europei e si convincono che le porte del Vecchio Continente sono spalancate. E di certo ciò rende il nostro tentativo di convincerli a rimanere in Iraq molto più difficile».

Continua intanto l’opera di assistena offerta gli sfolalti, anche grazie al sostengo di Aiuto alla Chiesa che soffre. «Nessuno più vive nelle tende – riferisce monsignor Warda -, come
lo scorso anno, quando ad Erbil sono giunti oltre 120mila cristiani costretti ad abbandonare le proprie case dallo Stato Islamico». Dal giugno 2014, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato alla Chiesa irachena oltre 11milioni di euro, in parte per l’acquisto e l’istallazione di case prefabbricate e il pagamento dell’affitto di alcuni appartamenti per le
famiglie cristiane.

Donate dalla fondazione anche 8 scuole prefabbricate, «grazie alle quali tutti i bambini di Erbil e tutti i piccoli rifugiati ricevono un’istruzione». Anche la distribuzione del cibo, prosegue il presule, avviene ormai regolarmente. Ogni mese, tutte le famiglie ricevono di che vivere per almeno trenta giorni: riso, zucchero, olio, fagioli, carne, formaggio e acqua. Ma accanto al sostegno pratico, la diocesi garantisce anche la cura pastorale. «Da poco abbiamo organizzato un Festival della Fede, a cui hanno partecipato 1.200 persone. Sono rimasto profondamente colpito dalle storie che ho ascoltato – le parole dell’arcivescovo -. Quando i nostri fratelli nella fede sono stati costretti a fuggire, non hanno perso soltanto le loro case, ma anche la loro gioia, la loro fiducia, i loro sogni».

Guardando al futuro, monsignor Warda teme che il numero di cristiani in Iraq possa continuare a diminuire. «Facciamo quello che possiamo per impedirlo. Noi cristiani d’Iraq apparteniamo a questa terra».

27 ottobre 2015