L’appello di Francesco per la Somalia
Il Papa è intervenuto sull’attentato che ha colpito il Paese sabato 14 ottobre: «Atto terroristico che si accanisce su una popolazione già tanto provata». Il vescovo Bertin: «Unire le forze del bene»
«Desidero esprimere il mio dolore per la strage avvenuta qualche giorno fa a Mogadiscio, Somalia, che ha causato oltre trecento morti, tra cui alcuni bambini». Al termine dell’udienza generale di questa mattina, mercoledì 18 ottobre, in piazza San Pietro, Francesco ha ricordato l’attentato che ha colpito la Somalia sabato scorso: il più grave nella storia del Paese. «Questo atto terroristico – le parole del Papa – merita la più ferma deplorazione, anche perché si accanisce su una popolazione già tanto provata. Prego per i defunti e per i feriti, per i loro familiari e per tutto il popolo della Somalia. Imploro la conversione dei violenti e incoraggio quanti, con enormi difficoltà, lavorano per la pace in quella terra martoriata».
L’appello del Papa, commenta monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, «arriva al momento buono. Spero che sia accolto e soprattutto che aiuti almeno le forze del bene a unirsi un po’ di più perché il male va affrontato insieme e non in modo sparpagliato, ciascuno con una propria agenda». Il presule parla pensando «ai somali tra di loro e alla comunità internazionale. Il nostro ruolo come cattolici – precisa – è essere presenti ed accompagnare. Anche perché abbiamo una lunga tradizione di impegno a favore dell’umanità e della Somalia». La Chiesa, ricostruisce il vescovo, è presente dal 1904 in modo continuo nel sud della Somalia «e poi con i miei confratelli francescani dal 1930. Diverse persone – prosegue – hanno lasciato la vita per il bene della popolazione somala, come Annalena Tonelli, il vescovo Salvatore Colombo, padre Pietro Turati, Graziella Fumagalli della Caritas italiana».
Monsignor Bertin ne è convinto: «Cristiani e musulmani possono lavorare insieme». E quasi come una testimonianza, cita «l’esperienza più bella» in questi anni: «Scoprire come tra la popolazione – musulmani e atei – ci siano molte persone di buona volontà. È importante che tutti noi ci impegniamo a lavorare insieme per lo stesso scopo». In passato, ricorda ancora, «ci sono state diverse conferenze internazionali ma ho avuto spesso la sensazione che chi organizza voglia perseguire una propria agenda, per gli interessi del suo Paese». Il suggerimento allora è mettere «la popolazione somala al centro della nostra attenzione». In questo senso «la diaspora somala potrebbe giocare un ruolo importante», per organizzare un’agenda seria che abbia a cuore il bene della Somalia.
18 ottobre 2017