L’appello di Sant’Egidio per Kiev “città aperta”

La richiesta di «astenersi dall’uso delle armi. Dopo Sarajevo, dopo Aleppo, non possiamo assistere nuovamente all’assedio di una grande città»

«Kiev, una Capitale di tre milioni di abitanti, in Europa, è oggi un campo di battaglia. La popolazione civile, inerme, vive in una condizione di pericolo, terrore, mentre trova riparo nei rifugi sotterranei. I più deboli, dagli anziani ai bambini, ai senza dimora, sono ancora più esposti. Ci sono già le prime vittime civili». Guarda anzitutto a loro l’appello della Comunità di Sant’Egidio e del suo fondatore Andrea Riccardi, diffuso venerdì 25 febbraio.  Un’esortazione forte a «chi può decidere» ad «astenersi dall’uso delle armi» in città, a dichiarare il cessate il fuoco e proclamare Kiev «città aperta».

Si tratta, si legge nel testo dell’appello, di «una città che rappresenta un grande patrimonio culturale. Non si può pensare alla cultura europea, alla storia dell’Europa senza Kiev, così come non si può pensare alla cultura russa, alla storia della Russia, senza Kiev. La città, tra tanti monumenti, ospita siti che sono patrimonio dell’umanità». E ancora: «Kiev è una città santuario per tanti cristiani, in primo luogo per i cristiani ortodossi del mondo intero. A Kiev ha avuto inizio la storia di fede dei popoli ucraino, bielorusso, russo. A Kiev è nato il monachesimo ucraino e russo. Il grande monastero della lavra delle grotte che sulla collina sovrasta il grande fiume Dnepr è un luogo santo di pellegrinaggio e preghiera millenario. Kiev è una città preziosa per tutto il mondo cristiano». Proprio per questo, «il destino di Kiev non lascia indifferente chi, da Oriente e da Occidente, guarda con passione e coinvolgimento alla città e alla sua gente. Dopo Sarajevo, dopo Aleppo, non possiamo assistere nuovamente all’assedio di una grande città. Gli abitanti di Kiev chiedono un sussulto di umanità. Il suo patrimonio culturale non può essere esposto al rischio di distruzione. La santità di Kiev per il mondo cristiano esige rispetto».

La conclusione è quindi un’invocazione alle parti in causa nel conflitto: «Imploriamo – è la parola usata – di non colpire gli abitanti con la violenza delle armi, di non violare una città a cui oggi guarda l’umanità intera. Possa accompagnare questa scelta la ripresa di un percorso negoziale per arrivare alla pace in Ucraina».

L’appello, ha reso noto Riccardi, sarà consegnato al presidente russo Putin e al presidente ucraino Zelensky, attraverso le rispettive ambasciate. Per chi lo volesse, è possibile aderire online, sulla pagina dedicata nel sito internet della Comunità.

25 febbraio 2022