L’appello di Acs per i cristiani in Corea del Nord

I responsabili della fondazione: il regime di Kim Jong-Un è «l’esempio più cruento di Stato persecutore». Numerosi gli stranieri reclusi per l’impegno in attività religiose

Mentre monta l’indignazione, oltre che l’allarme, per le minacce alla pace poste dal regime nord coreano guidato da Kim Jong-Un, dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre arriva l’esortazione a ricordare «quel che oggi larga parte dei media trascurano: l’ultimo Rapporto Acs sulla Libertà religiosa documenta quanto la Corea del Nord sia l’esempio più cruento di Stato-persecutore. Ogni cristiano, o persona con antenati cristiani, è di norma inserito nella classe “ostile”, l’ultima delle tre categorie sociali individuate in base alla fedeltà al regime. Tale appartenenza religiosa è infatti recepita come vicinanza ai nemici occidentali».

A spiegarlo, in una nota congiunta, sono Alfredo Mantovano e Alessandro Monteduro, rispettivamente presidente e direttore di Acs Italia, che riferiscono di un numero «enorme» di detenuti nei campi di lavoro rappresentato da cristiani imprigionati per aver avuto con sé una Bibbia o per aver organizzato incontri di preghiera. «Sin dal 2014 – riferiscono – la Commissione d’inchiesta Onu sulla Corea del Nord ha denunciato le “indicibili atrocità” di cui si è macchiato il regime, e fra di esse vi è la feroce persecuzione religiosa. Cittadini stranieri, tra cui diversi missionari, sono reclusi in Corea del Nord per il loro impegno in attività religiose e umanitarie. Fonti autorevoli – proseguono – riferiscono di aborti forzati, privazione di cibo e casi di crocifissioni ai danni dei nostri fratelli nella fede».

La minaccia che arriva dalla Corea del Nord dunque non è solo quella degli ordigni ad altissimo potenziale ma anche quella, «nascosta ma non per questo meno letale», della più «crudele, violenta ed estesa persecuzione, soprattutto religiosa». La conclusione è un appello a tutto il mondo occidentale: «Alle conseguenze concrete di uno degli ultimi brandelli di un’ideologia uguale a quelle che hanno insanguinato il XX secolo – si legge ancora nella nota – non si risponde con una pubblica reazione “settoriale” e interessata, mirata alla pur importante neutralizzazione delle bombe. L’Occidente si mostrerà degno della sua storia se saprà valutare con lo stesso metro quel che in Corea del Nord viene fatto a ogni singolo perseguitato per quella fede che ha dato e continua a fornire vita alle maggiori comunità politiche mondiali».

6 settembre 2017