L’appello del Papa per lo Sri Lanka

Al termine dell’udienza generale, Francesco ha rivolto «un pensiero speciale» in particolare ai giovani del Paese, esortando a garantire «rispetto di diritti umani e libertà». Gli scontri del 9 maggio

Alla fine dell’udienza generale di questa mattina, 11 febbraio, in piazza San Pietro, dopo il saluto ai fedeli di lingua italiana Papa Francesco è tornato ad allargare il suo sguardo fino ai confini del mondo, da Pastore della Chiesa universale. E ha rivolto «un pensiero speciale al popolo dello Sri Lanka, in particolare ai giovani, che negli ultimi tempi hanno fatto sentire il loro grido di fronte alle sfide e ai problemi sociali ed economici del Paese».

Davanti al rischio che si aprano nuovi scenari di crisi e nuovi scontri, il pontefice ha continuato: «Mi unisco a quelle autorità religiose nell’esortare tutte le parti in causa a mantenere un atteggiamento pacifico, senza cedere alla violenza. Faccio appello a tutti coloro che hanno responsabilità – ha quindi concluso -, perché ascoltino le aspirazioni della gente, garantendo il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà civili».

A raccontare la situazione sociale e politica della nazione è l’Agenzia Fides, che raccoglie la testimonianza di padre Basil Rohan Fernando, dell’arcidiocesi di Colombo, direttore nazione delle Pontificie Opere Missionarie in Sri Lanka. «Da anni chiediamo giustizia e trasparenza alla politica e ai legislatori – riferisce -. Ma il governo Rajapaksa ha distrutto il Paese giorno dopo giorno, sottraendo denaro alla popolazione. Lunedì 9 maggio è stato un giorno triste. Un giorno nero per la storia della nazione. Ora abbiamo bisogno di preghiera, di pace e armonia per ricostruire dalle macerie un futuro prospero e pacifico».

Il movimento di piazza nel Paese è iniziato «alcune settimane fa», ricostruisce il sacerdote: «La società civile ha protestato e in pochi giorni la protesta si è allargata a tutta la nazione: dappertutto, i capi religiosi, i giovani, i cittadini si sono uniti e sono scesi in strada chiedendo pace, giustizia, e le dimissioni dei Rajapaksa che hanno portato il Paese alla rovina. Abbiamo manifestato in modo pacifico per un mese. Poi i sostenitori del clan Rajapaksa, venuti da fuori città, si sono riuniti e hanno provocato la gente, per scatenare la violenza – afferma raccontando la giornata del 9 maggio -. Giovani e pacifici manifestanti sono stati attaccati da militanti in preda all’alcol, che hanno scatenato una piccola guerra civile e hanno seminato devastazione. La polizia non ha fermato gli scontri e poi l’esercito è intervenuto per calmare gli animi. La tensione era alta in tutti i distretti e alcuni cittadini, in preda alla rabbia, hanno attaccato le case dei ministri. Intanto leader religiosi di tutte le fedi si sono riuniti al Temple Trees e al Galle Face Green, confortando e sostenendo la gente».

Una giornata violenta di scontri, con il bilancio di 5 morti – tra cui un parlamentare – e oltre 200 feriti. Ora, nelle strade della Capitale, Colombo, è tornata la calma «ma la tensione sociale si avverte», riferiscono da Fides. «Numerose case sono state date alle fiamme e feroci sono stati gli scontri tra sostenitori e detrattori della famiglia Rajapaksa, accampati da settimane in un sit-in permanente nella zona centrale della Capitale (“Go Gota Gama”). Vi sono feriti in ospedale». Il primo ministro Mahinda Rajapaksa si è dimesso, nel tentativo di calmare gli animi. Il fratello Gotabaya, rimasto al suo posto, deve ora decidere in che forma ridare un esecutivo al Paese, evitando che la violenza torni nelle strade.

Una crisi senza precedenti, quella che ha investito l’isola, causata dalla morsa del Covid-19 e dal conseguente crollo del turismo ma anche, a detta dell’opposizione, dalla cattiva gestione dei prestiti internazionali, trasformati in un debito insolvibile. Il 12 aprile scorso infatti lo Sri Lanka aveva annunciato uno stop del rimborso del debito estero e, nell’annunciare il default, aveva dovuto accettare che la ristrutturazione del debito estero nazionale – che supera i 50 miliardi di dollari – venisse gestita dal Fondo monetario, il cui aiuto i Rajapaksa hanno sempre rifiutato. La situazione è ulteriormente peggiorata, poi, con l’aumento generale dei prezzi di cibo e gasolio dovuti anche ai riflessi della guerra in Ucraina che si sono fatti sentire anche nell’Oceano indiano.

11 maggio 2022