L’adozione al tempo del Covid, nuovi equilibri da inventare

La testimonianza di due genitori, con tre figli adottati. «Elemento prezioso la rete delle famiglie». Utile un supporto di fronte a inevitabili cambiamenti

Siamo Doretta e Paolo, sposati da venti anni e genitori di tre figli. La nostra esperienza in materia di adozione nasce sul campo, essendo genitori adottivi tre volte, la prima con un’adozione nazionale, due volte con quella internazionale. Abbiamo risposto all’appello inviato dal consultorio Centro La Famiglia che chiedeva operatori per il proprio servizio di adozione internazionale. Un servizio che a Roma il Centro offre quale referente a Roma dell’Istituto La Casa, ente autorizzato dalla Commissione centrale per l’adozione internazionale presso la presidenza del Consiglio a operare nel territorio italiano.

Siamo tornati dalla Cina a gennaio con il nostro ultimo piccolo, Daniele, e poco dopo, come tutti, siamo finiti in lockdown. È difficile spiegare a un cinese di 3 anni e mezzo che non si può andare ai giochi ma per fortuna ci sono due fratelli che gli hanno steso un ponte prezioso verso la sua nuova realtà. Già, i fratelli. Cominciamo da loro.

In questi anni abbiamo incontrato tante coppie che hanno maturato una scelta adottiva e altre che vi hanno rinunciato. Qualcuno ci ha raccontato i suoi timori al pensiero di “gestire” più bambini rispetto a uno solo. A noi pare che Daniele Caicing sia stato letteralmente salvato dai fratelli in una situazione, quella del lockdown, che ha compresso principalmente i bambini, improvvisamente senza più scuola (ma non senza compiti!), giochi, amici, chat o videoconferenze. Un altro elemento prezioso è per noi la rete delle famiglie, adottive e non. Quelle con cui abbiamo condiviso la recente esperienza in Cina, che grazie a internet sono diventate “vicine” allo stesso modo in cui lo sono le altre, e con le quali possiamo condividere le scoperte e le fatiche di questa fase che tecnicamente si chiama “post-adottiva”. Ma anche le famiglie dei compagni di scuola del secondo figlio, con le quali condividere le esperienze e progettare le prossime modalità di incontro.

E infine la coppia. Sì, perché all’origine di una famiglia c’è sempre una coppia. Se il senso di progettualità compete a ogni essere umano, durante il percorso di adozione la coppia viene parecchio sollecitata all’attivazione delle proprie risorse individuali in ordine alla costituzione della nuova famiglia. Deve ipotizzare scenari, fare previsioni, mostrare come intende affrontare la nuova situazione, come si rapporterà al figlio reale (che ancora non c’è!) rispetto al figlio immaginato, e così via. Una lunga e necessaria preparazione mentale, un mondo di ipotesi che “deve” entrare in crisi dopo l’incontro col nuovo arrivato, per costituire il nuovo equilibrio. La compressione degli spazi e dei tempi dovuta all’’emergenza sanitaria ha reso più difficoltosa questa fase di riequilibrio per le famiglie che hanno adottato da poco, come la nostra.

Abbiamo ritenuto utile chiedere un supporto per la gestione della situazione a persone vicine e competenti: è possibile cercare e ricevere aiuto per mezzo di un consultorio familiare (il Centro La Famiglia ha offerto e offre un servizio di ascolto a distanza durante l’emergenza sanitaria). Non abbiamo ricette buone per tutti, tranne forse il suggerimento per i genitori di “non dimenticarsi di se stessi” come individui e come coppia. Facile a dirsi, se le nonne anziane devono essere tenute a distanza e i figli non possono essere lasciati soli. È un tempo che deve essere attraversato con la fiducia che non sarà sempre così ma anche con la consapevolezza che non può tornare tutto come prima. Se qualcosa è passato per sempre non è solo a causa del coronavirus, ma anche perché la nostra famiglia è cambiata e quella “nuova” è ancora da inventare. (Doretta e Paolo Perelli , genitori adottivi e consulenti familiari)

5 giugno 2020