“La Vocazione di San Matteo”, atto di misericordia

Dedicata al capolavoro di Caravaggio conservato a San Luigi dei Francesci la seconda Lettura teologica. Lonardo: «Opera legata alla vita di Francesco»

Dedicata al capolavoro di Caravaggio conservato a San Luigi dei Francesci la seconda Lettura teologica. Lonardo: «Opera legata alla vita di Francesco»

Nessun quadro più di questo è legato alla vita di Papa Francesco e allo stesso Giubileo della Misericordia. Ne “La Vocazione di San Matteo” di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, è racchiuso il significato del motto “Miserando atque eligendo”. Lo ha spiegato monsignor Andrea Lonardo, direttore dell’Ufficio catechistico del Vicariato, nel secondo incontro delle Letture teologiche dedicate alla misericordia nell’arte, svoltosi ieri, giovedì 21 gennaio, nella Sala della Conciliazione del Palazzo Lateranense.

Quando il cardinale Bergoglio abitava a Roma in via della Scrofa, ha raccontato monsignor Lonardo citando le parole del pontefice, «visitavo spesso la chiesa di San Luigi dei Francesi, e lì andavo a contemplare il quadro della vocazione di San Matteo di Caravaggio», colpito dal dito di Gesù puntato verso Matteo e dal suo gesto di afferrare i soldi. «Ecco, questo sono io: “Un peccatore al quale il Signore ha rivolto i suoi occhi”», conclude Francesco riferendosi alla tela nella quale Gesù chiama l’esattore delle tasse all’apostolato, donandogli misericordia. «Il braccio disteso e la mano di Gesù sono una citazione del braccio di Adamo dipinto da Michelangelo per la Creazione dell’uomo nella Cappella Sistina – ha evidenziato il sacerdote – e indicano che la chiamata dell’evangelista appartiene a una nuova creazione». In questo senso «la vocazione di San Matteo non è un atto di misericordia solo per la persona che viene scelta dal Signore» ma è un «invito ad annunziare il Vangelo, inviare a battezzare è misericordia», ha concluso.

Sul rapporto tra buio-luce, cifra stilistica dell’intera opera pittorica di Caravaggio, si è soffermato Alessandro Zuccari, docente di Storia dell’arte moderna alla Sapienza. Nel quadro, dipinto tra il 1599 e il 1600, «non c’è nessuna finestra da cui entra la luce – ha spiegato – perché la luce non è più naturale ma è simbolica, è la luce della grazia» che si contrappone alla lotta, la corruzione e il peccato. La figura di Caravaggio è stata oggetto di numerosi pregiudizi difficili da sradicare, che lo vedono «trasgressivo, incolto, popolano e rivoluzionario» ma soprattutto «ateo e quasi eretico, un pittore maledetto». La realtà è diversa. Certo, fu originale, ha ammesso Zuccari, ma era pienamente inserito nel contesto artistico e nella vita spirituale dell’epoca. Tanto che ci sono le prove che partecipasse alle funzioni parrocchiali e si comunicasse.

Dopo i due interventi focalizzati sull’artista, Ruggero Parrotto, responsabile risorse umane dell’Ospedale Bambino Gesù, si è quindi soffermato sul tema della chiamata nella vita quotidiana. «Tutti noi abbiamo una vocazione, ma pochissimi ne sono consapevoli e questo è il primo passo per essere adulti e ampliare la propria libertà di scelta, dando senso alla vita» e insegnando questi valori alle nuove generazioni.

Terzo e ultimo appuntamento con le Letture teologiche alle ore 20 di giovedì prossimo, 28 gennaio, con l’Inno alla Gioia di Beethoven. Un capolavoro della musica classica che verrà indagato da monsignor Marco Frisina, presidente della Commissione arte sacra e beni culturali della diocesi di Roma, Michele Dall’Ongaro, sovrintendente dell’Accademia di Santa Cecilia, ed Eugenio Gaudio, rettore della Sapienza.

22 gennaio 2016