La violenza assistita: l’altra faccia degli abusi domestici

Incontro a San Frumenzio, in apertura della settimana di riflessione “Accanto alle donne. Sempre”. Il parroco don Vianello: «Intervenire è difficile ma non parlare è omissione»

«Intervenire è difficile, ma non parlare è omissione». Così dice don Marco Vianello, parroco di San Frumenzio alla fine del primo incontro, molto partecipato, della settimana che la comunità parrocchiale, insieme a Casa Donata, ha dedicato al tema della violenza sulle donne e in particolare  al coinvolgimento dei bambini negli abusi domestici. Ma come nasce questa iniziativa? «La vicenda di Giulia Cecchettin ha scosso tutti, in particolare i nostri giovani ma anche gli adulti, abbiamo riflettuto ed è nata questa settimana di riflessione e sensibilizzazione», racconta.

Nella comunità di San Frumenzio ormai sono quasi quindici anni che il tema della violenza sulle donne ha trovato una sponda. Qui, all’interno del più vasto progetto “Casa della Carità di San Frumenzio”, quasi un incubatore di buone pratiche, sono nate sia Casa Donata – dedicata all’accoglienza di mamme con bambini – sia l’Unità di Strada dedicata al contrasto della prostituzione (la Salaria è territorio di competenza della parrocchia) e della tratta. La parrocchia ha poi dato ospitalità ad associazioni come “Tra le donne”. Tutte queste realtà si alterneranno durante la settimana intitolata “Accanto alle donne. Sempre”.

Al centro dell’incontro di ieri, 27 febbraio, il tema della “violenza assistita”, vale a dire il trauma e le conseguenze per i minori derivate dall’assistere a episodi o situazioni continuative di violenza (fisica o emotiva) in famiglia. Un tema spesso sottovalutato o non compreso pienamente, che ha ripercussioni sulla crescita e lo sviluppo dei minori. Se, statistiche alla mano, i casi più numerosi sono quelli che vedono le donne vittime della violenza dei loro compagni, non bisogna dimenticare i casi di violenza da parte di figli verso i genitori, né di fratelli maggiori che provocano un danno nei più piccoli, o anche i casi di madri che picchiano o vessano psicologicamente i padri davanti ai minori. Questi comportamenti, hanno spiegato i relatori, hanno effetti di lungo periodo e sono veri e propri stress emotivi e psicologici in soggetti che, come i bambini, non hanno altri punti di riferimento e soprattutto non hanno gli strumenti per gestire questi eventi.

Bina Nigro, psicologa e terapeuta nonché giudice onorario al Tribunale per i minorenni di Roma, ha evidenziato che «è nostra responsabilità dare sostegno ai nuclei familiari e dare voce a chi non la ha, cioè i minori. Essere spettatori di un abuso è un abuso in sé», ha aggiunto, avvertendo che «la violenza assistita si svolge in tutte le famiglie, di qualsiasi ceto sociale». I disturbi più frequenti che i bambini vittime di violenza assistita sviluppano sono il senso di colpa, comportamenti adultizzanti, compiacenza con il padre-carnefice. Bambini che non vogliono andare a scuola per non abbandonare la madre, che non dormono di notte per vegliare sui fratellini o il genitore abusato. Oppure, al contrario, bambini che introiettano la violenza e la fanno propria: «Ho sempre visto fare così in famiglia», dice uno di loro in una testimonianza letta durante l’incontro.

Nelle parole di Claudio Paloscia, neuropsichiatra infantile in forze alla Asl Roma 1, «il nostro compito è rafforzare la figura genitoriale abusata per far sì che essa torni a essere un punto di riferimento per il bambino», che spesso va in crisi non sapendo più in chi riporre la propria fiducia e soprattutto su chi fare affidamento per appagare il suo – necessario – bisogno di sicurezza. Gli strumenti di aiuto sociale stanno diminuendo, ha sottolineato; per questo costruire una società avvertita su questi temi è «essenziale»: per riconoscere tempestivamente i segnali e agire il prima possibile.

28 febbraio 2024