La Via Crucis dei ragazzi

Il Pontefice sceglie autori under 19 per le meditazioni delle stazioni del Venerdì Santo, affidandole alla comunità dei Santi Martiri dell’Uganda e al gruppo scout Foligno I. Disegni da due case famiglia. Il parroco don Luigi D’Errico: «Hanno mostrato sensibilità forte per la storia di un uomo che muore»

Meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo con il Papa affidate al gruppo scout di Foligno 1 e alla parrocchia dei Santi Martiri dell’Uganda, all’Ardeatino; i disegni ai piccoli ospiti delle case famiglia “Mater Divini Amoris” e “Tetto Casal Fattoria”. È la novità di quest’anno per il rito che sarà presieduto il 2 aprile alle 21 sul sagrato di San Pietro (diretta tv ore 21). Quando contattiamo il parroco dei Santi Martiri, don Luigi D’Errico, referente diocesano della pastorale con i disabili, è appena tornato da un incontro con il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie Guido Marini e con il prefetto del dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini.

Come è nata la scelta di affidarvi le meditazioni della Via Crucis di quest’anno?
Mi hanno chiamato dalla Segreteria di Stato dicendomi di andare da loro perché si voleva chiedere di partecipare alla Via Crucis del Papa nella stesura dei testi e nei disegni dei bambini. Noi lo scorso anno avevamo fatto una cosa analoga per le Palme. Visto che non potevamo incontrarci, avevamo chiesto ai ragazzi di fare dei disegni. Quest’anno abbiamo pensato di farli sulla Via Crucis. Abbiamo detto ai bambini del catechismo di scegliere una stazione e disegnarla come ne avevano parlato con i catechisti. Qualcuno ha disegnato, qualcuno ha anche scritto e qualcun altro ha fatto entrambe le cose.

Chi è stato coinvolto?
Tutti i gruppi di catechismo, della cresima e della prima comunione, dai 9 ai 14 anni. Ma ci sono anche i catechisti e gli aiuto catechisti. Grazie a Dio ne abbiamo tanti, sono una settantina da 14 anni in su. L’età è scesa perché abbiamo affiancato a un catechista più grande uno più giovane che prende un gruppo alla prima comunione e lo porta avanti fino alla cresima, per quattro anni. Così diventano amici. Facevamo anche altri incontri di formazione, esperienze di comunità che mancano tanto ma purtroppo dobbiamo accettare questa situazione legata alla pandemia.

Come avete organizzato la redazione delle riflessioni?
Abbiamo fatto alcune cose in presenza, altre no, nel rispetto delle restrizioni sanitarie. La richiesta iniziale era quella di fare un disegno, anche con un breve commento. Me ne sono arrivati tantissimi, anche per WhatsApp… ne ho consegnati in Vaticano altri 30-40. Penso che ne arriveranno altri, anche se ormai il tempo è scaduto ma li conserverò tutti con cura. Hanno manifestato la sensibilità forte che hanno i giovani di fronte alla storia di un uomo che muore.

Quali sono i temi principali delle meditazioni? Cosa è emerso dalle riflessioni dei ragazzi?
Faccio solo un esempio. Alcuni hanno deciso di lavorare sull’incontro di Gesù con la Madonna, l’incontro con la mamma. Uno di loro, nel suo mini-commento, ha scritto: «Quanto avrà sofferto Gesù nel vedere sua mamma che, guardandolo, piange». Per loro lo sguardo della madre, il pianto della madre colpisce profondamente. Tanti soffrono quando le mamme piangono. Hanno messo se stessi in queste cose che capiscono immediatamente.

Voi avete avviato da tempo una catechesi per e con i disabili. Qual è il bilancio di questa iniziativa pastorale?
Il cardinale vicario due anni fa ha avviato il progetto di ascoltare il grido della città. E non possiamo non includere le persone più fragili. Alla fine, non sono più i ragazzi e le ragazze disabili ma diventano i loro nomi: Camilla, Benedetta, Eliana, e così via. Tra l’altro una ragazza un po’ più grande ma comunque giovane, down, porterà la croce durante la Via Crucis a San Pietro. Non c’è una catechesi specifica. Una mamma che riceve la notizia che sua figlia, suo figlio è disabile dovrà informarsi su cosa può fare. Lo stesso vale per noi ma non possiamo diventare prima specialisti e poi accoglienti. L’accoglienza va di pari passo. A me dà più fastidio un telefonino che squilla piuttosto che una ragazza autistica che strilla. Ognuno di loro poi ama fare un servizio: occuparsi della questua, suonare la campanella e così via. Se uno è impegnato in qualcosa si sente a casa sua. E non dobbiamo limitarci all’età giovanile. Noi li conosciamo perché vanno a scuola, qualche caso raro all’università, e poi?

Cosa lascia nella vita della parrocchia un’esperienza come quella di scrivere le riflessioni per la Via Crucis con il Papa?
Ciò che si può vivere con il proprio vescovo aiuta a comprendere cosa significa che il Papa è vescovo di Roma, anche se ha tante realtà da servire. Noi abbiamo il privilegio di essere a Roma ed è una fortuna che a volte non consideriamo. Una volta questa era chiamata la città sacra: cominciamo a pensare di esserlo nel servizio, mostrando che le parrocchie sono segno della prossimità alle persone. In questo tempo così difficile non sono mai state chiuse e hanno svolto un ruolo di cui, sono sicuro, la gente si è resa conto.

30 marzo 2021