La vedovanza, «tempo dell’attesa»

A Santa Cecilia la consacrazione di tre donne nell’Ordo Viduarum, presieduta dal vescovo Di Tora. «Ogni fase della vita corrisponde a una vocazione»

«La vedovanza non è un tempo vuoto, un tempo di solitudine e di triste ripiegamento su se  stessi ma è il tempo dell’attesa, vissuto con lo sguardo sempre proteso verso il gioioso compimento della vita, nell’umile servizio al Signore. Per una donna che sa invecchiare in questo modo, la vecchiaia non è il tempo della fine ma il tempo in cui tutto prende forma, acquista la vera luce e anche l’esistenza assume un senso nuovo». Queste le parole che il vescovo Guerino di Tora, delegato diocesano per l’Ordo Viduarum, ha rivolto domenica 29 dicembre, festa della Santa Famiglia di Nazareth, a tre vedove che si sono consacrate nell’Ordine, istituito, nella diocesi di Roma, il 24 novembre 2013. Nella basilica di Santa Cecilia in Trastevere hanno donato la propria vita a Cristo Maria Rosaria Galli, di 61 anni, la 67enne Marina Pozzi e Angela Michesi, di 78 anni.

La prima, vedova dal 2016, era accompagnata dai tre figli e da due nipoti. «Vive a Caserta ma è molto legata al nostro gruppo – ha spiegato Grazia D’Anna, coordinatrice dell’Ordo Viduarum nella diocesi -. Dopo un lungo discernimento, ottenuto il nulla osta del suo vescovo, ha deciso di consacrarsi nell’Ordine della diocesi di Roma». Marina Pozzi, vedova dal 2005, era accompagnata dal figlio. Circondata dall’affetto dei familiari anche Angela Michesi, la più grande del gruppo, vedova dal 1999. «La consacrazione nell’Ordo Viduarum – chiarisce D’Anna – ha la specificità di essere fatta nelle mani del vescovo ed è un solenne rito nuziale. Con il “sì” a Cristo di Maria Rosaria, Marina e Angela l’ordine torna ad avere 19 consacrate. Quest’anno, infatti, tre nostre sorelle sono morte, tra le quali la più anziana del gruppo, una tra le prime a essere consacrata».

Nella sua omelia Di Tora ha spiegato che «la fedeltà alla vita cristiana va vissuta nell’esperienza di essere figli di Dio» e per le vedove è «fedeltà al matrimonio con lo sposo del passato e continua a essere oggi fedeltà a Dio con la preghiera e il servizio nella Chiesa». Il presule ha quindi messo in evidenza come ogni fase della vita «corrisponde a una vocazione, a una chiamata che ci porta a riconoscere la presenza di Dio nella nostra storia, a scoprire il suo volto nelle vicende della nostra vita e a vivere in comunione con Lui». La Chiesa benedice le nuove consacrate affidando loro «un ministero che è offerta al Signore e che si esprime nel servizio, nella preghiera e nell’ascolto della Parola», ha concluso Di Tora, che durante la consacrazione è stato affiancato da don Sandro Amatori, assistente ecclesiastico del gruppo vedove, da padre Agostino Montan, già direttore dell’Ufficio per la vita consacrata del Vicariato, e dal segretario generale del Vicariato don Pierangelo Pedretti.

Riferendosi al servizio offerto alla Chiesa, Grazia D’Anna ha rimarcato che il carisma dell’Ordo va di pari passo con il cammino proposto alla diocesi per l’anno pastorale 2019-2020 sull’ascolto del grido della città. «Siamo sempre accanto alle persone che vivono una sofferenza fisica o si trovano in difficoltà – ha detto -. Molte di noi sono ministri straordinari della Comunione e hanno così la possibilità di avvicinare gli ammalati. Stiamo comunque facendo tutte il cammino diocesano nelle nostre parrocchie di appartenenza».

L’Ordo Viduarum non è nuovo nella Chiesa. Riferimenti alle vedove consacrate si trovano nel Nuovo Testamento e negli scritti di Sant’Agostino e l’esistenza di un vero e proprio Ordo Viduarum è constatabile tra la fine del II secolo e gli inizi del III. San Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica post-sinodale “Vita Consecrata” del 25 marzo 1996 scrive che «torna ad essere oggi praticata anche la consacrazione delle vedove, nota fin dai tempi apostolici, nonché quella dei vedovi. Queste persone, mediante il voto di castità perpetua quale segno del Regno di Dio, consacrano la loro condizione per dedicarsi alla preghiera e al servizio della Chiesa».

2 gennaio 2020