La teologia, «misto di salvezza e umiltà»
Nel libro di Giuseppe Lorizio “Chiedi al teologo” le sue risposte ai lettori su Famiglia Cristiana. Galantino: rapporto fecondo «tra fede vissuta e pensata»
Davanti a un pubblico particolarmente numeroso è stato presentato ieri sera, 4 dicembre, nella libreria San Paolo di via della Conciliazione il libro del teologo padre Giuseppe Lorizio “Chiedi al teologo”. Un volume che raccoglie gli spunti più interessanti della rubrica che l’autore ha tenuto dal 2006 su Famiglia Cristiana con le sue risposte ai lettori. «Un sasso nello stagno», lo ha definito Massimiliano Padula, docente di Sociologia e comunicazione alla Pontificia Università Lateranense, che ha moderato l’incontro. Un libro che «rientra nel coraggioso rinnovamento culturale che il Papa sollecita: una metamorfosi culturale richiesta dalla trasformazione missionaria di una Chiesa in uscita». Padula ha sottolineato due parole chiave: «Amicizia, quella che c’è tra noi, ma anche quella dell’autore con il lettore», e «ricerca, perché nel libro risaltano la sua dimensione accademica, il rigore metodologico e l’auspicabile uscita dai labirinti dell’autoreferenzialità che ha caratterizzato per troppo tempo il sapere teologico e non solo».
A presentare il volume sono stati monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Apsa e amico di lunga data di padre Lorizio, e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, giornale con cui il teologo collabora. L’ex segretario della Cei ha messo in evidenza prima di tutto «la struttura del volume, fatto di domande e risposte, con tanto di nome e provenienza di chi pone i quesiti». Una cosa «non scontata, soprattutto in questo periodo in cui gli analisti sociali dicono che ci sono troppe domande senza risposte ma anche risposte a domande mai poste. E purtroppo anche domande che trovano solo risposte drammatiche». Poi Galantino ha sottolineato la «qualità delle risposte, che stimolano un profondo ripensamento del nostro modo di fare teologia». Citando il messaggio di Papa Francesco all’Università Cattolica di Buenos Aires nel 2015, l’arcivescovo ha ricordato che «le domande del popolo contengono un valore ermeneutico che non possiamo ignorare se vogliamo prendere sul serio il mistero dell’Incarnazione». E smentendo una presunta avversione di Francesco alla teologia, ha aggiunto che quella che il «Papa contesta è la teologia astratta che si nutre di sterili polemiche: auspica un rapporto fecondo tra vita e teologia, tra fede vissuta e fede pensata».
Altro aspetto messo in evidenza è «lo schema della rubrica che intercetta domande reali, non retoriche, a partire dall’esistenza concreta delle persone», con il materiale «organizzato secondo le domande fondamentali dell’esistenza. Nelle risposte, poi, non si cede mai alla tentazione di banalizzare il sapere teologico, non si annacquano, in modo che l’interlocutore continui a riflettere». Galantino ha concluso con un riferimento all’immagine della copertina e al sottotitolo (“Compagno di strada nel labirinto dell’esistenza”): «Il filo di Arianna non è il teologo ma la parola di Dio».
Tarquinio ha invece fatto notare la fatica, che conosce bene, di rispondere ai lettori, «necessaria» perché permette di incontrare il pubblico. E come Padula, ha evidenziato l’importanza dell’amicizia: «Abbiamo bisogno di amici che ci aiutino a riconnettere la quotidianità a Dio. Verifico ogni giorno l’intensità e la profondità delle domande che abitano la vita della gente, c’è bisogno di risposte attraverso l’incontro con chi presta orecchio e tende la mano». Altri due concetti centrali nel libro secondo Tarquinio sono il «bisogno di salvezza», una «salvezza dinamica, del camminatore che ti aiuta a capire dove mettere il passo» con «muscoli allenati e occhi aperti», e l’umiltà «che aiuta a uscire dai luoghi chiusi dello studio e riavvicina la sapienza dei semplici». Questo «misto di salvezza e umiltà è la teologia popolare di oggi». Serve «capacità di ascoltare gli altri, molti non lo fanno e conducono per mano verso soluzioni precostituite: l’inferno lo stanno costruendo qui dicendo chi devono odiare. Occorre dare risposte che aiutino a trovare la strada in uscita verso il bene. Nel tempo dell’uno vale uno – ha concluso – sembra che tutti abbiano risposte definitive mentre il coraggio di offrire parole fondate sulla competenza del teologo serve al popolo cristiano. Tutti si sentono esperti di tutto, giudicano e condannano i teologi, i vescovi e perfino il Papa. Ci sono pozzi di acqua potabile a cui bisogna abbeverarsi, poi nel libero dibattito ci sono quelli fangosi e avvelenati che fanno male alla pancia. C’è un doppio servizio da fare: ascoltare e dare le risposte di sempre con le parole di oggi».
5 dicembre 2019