La storia di Pietro, «uomo semplice che Gesù ha trasformato in roccia», tratteggiata da Rosini

La veglia a conclusione della novena “Da Simone a Kefa”, alla vigilia della festa dei santi Pietro e Paolo. «Mai disprezzarsi: noi non siamo quello che pensiamo di essere, noi siamo ciò che Dio può fare in noi»

All’estremità settentrionale di via della Conciliazione c’è Castel Sant’Angelo, il mausoleo funebre dell’imperatore Adriano. All’estremità meridionale c’è la basilica di San Pietro, con la tomba del primo Papa. Ed è «impressionante» constatare che «la storia dà più gloria» a quest’ultima, a quella «di un ignorante pescatore di Galilea». A distanza di secoli «ancora oggi, in questa basilica, Simone sta pescando uomini. Tanti gli si avvicinano e, come un pesce che crede di mangiare una larva e prende, anzi, è preso da un amo, così tanti vengono qui alla sua tomba pensando di vedere un museo e vengono toccati dalla grazia, come attestano tanti confessori. Succede ogni giorno». Così don Fabio Rosini, direttore del Servizio per le vocazioni del Vicariato di Roma, nell’omelia tenuta venerdì sera, 28 giugno, nella basilica di San Pietro durante la veglia diocesana di preghiera a conclusione della novena “Da Simone a Kefa: il cammino dell’uomo nuovo”. Organizzata in occasione delle iniziative per la festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma, promosse dai Vicariati della diocesi di Roma e della Città del Vaticano, la veglia è stata presieduta dal vescovo Baldo Reina, vicegerente della diocesi di Roma, alla presenza del cardinale Mauro Gambetti, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano.

Veglia San Pietro e Paolo, 28 giugno 2024
(foto: diocesi di Roma/Gennari)

Preparata in collaborazione con il ministero della Cultura, il Comune di Roma e con Panathlon International, la serata si è svolta all’Altare della Cattedra. È iniziata con il rito del lucernario. In una basilica immersa nel buio, l’unica luce era quella attinta dalla lampada che arde presso la tomba di Pietro. Nell’omelia don Fabio ha auspicato che la festa dei santi patroni, «la festa di un rinnegato e di un persecutore che diventano il principe degli apostoli e il più grande degli evangelizzatori, ci metta nel cuore la disponibilità a lasciarci guidare da Dio, senza mai disperare per le nostre debolezze, credendo che sempre Dio è più potente, e come ha operato in loro può operare in noi. Mai disprezzarsi: noi non siamo quello che pensiamo di essere, noi siamo ciò che Dio può fare in noi».

Veglia San Pietro e Paolo, 28 giugno 2024
(foto: diocesi di Roma/Gennari)

Il sacerdote ha ripercorso il cammino di Simone, un uomo semplice che Gesù ha trasformato in roccia della sua Chiesa. La sua storia, approfondita durante la novena predicata sempre dal direttore del Servizio diocesano per le vocazioni, inizia quando crede nella promessa di Gesù di farlo «pescatore di uomini» e lo segue fedelmente. Quindi lo accoglie nella sua casa a Cafarnao dove inizia il «primo addestramento, quello scontro di priorità che vede Simone non intendere perché Gesù si sottragga al successo» scegliendo di andare in altri villaggi della Galilea. Così Cristo «insegna a Simone, e a noi, l’arte di deludere le aspettative di “tutti” quelli che lo cercano – le parole di don Fabio -, cosa che implica un necessario combattimento contro la mondanità che ci può rendere schiavi dell’opinione del mondo».

Veglia San Pietro e Paolo, 28 giugno 2024
(foto: diocesi di Roma/Gennari)

Tra i passi salienti del cammino dell’apostolo c’è l’elezione, quando Simone viene scelto da Gesù come apostolo e riceve anche il nome di Pietro, “roccia”. «In quell’“anche” c’è molto – ha spiegato il sacerdote -. Anche noi siamo qualcosa che non sappiamo di essere. C’è tutta una schiera di uomini e donne, attestazione di santità, che mostrano al mondo un “anche” che va oltre la loro natura umana, facendo emergere la natura di figli Dio». Dopo la professione di fede, la fatica di Pietro nel comprendere la croce «che insegna a non pensare secondo il mondo ma secondo Dio», c’è poi la trasfigurazione durante la quale Simon Pietro «dice una cosa fondamentale che è il cuore della nostra fede – ha ancora proseguito Rosini -. Stare con Gesù non è doveroso o giusto o faticoso o, peggio, noioso, stare con Gesù è bello. Come questa basilica grida in ogni suo dettaglio, è bello stare con Lui, questa è la nostra esperienza che talvolta abbiamo presentato in una maniera doveristica, faticosa ed opprimente mentre dovevamo parlare della bellezza e della letizia che l’incontro con Gesù ha dato a ognuno».

Durante la novena si è riflettuto anche sull’ultima cena, quando Pietro rinnega Gesù ma viene perdonato e confermato nel suo ruolo di guida della Chiesa. Infine il martirio a Roma. «Nel cammino descritto in questa novena – ha concluso don Fabio -, siamo tutti in un punto o in un altro ma ci deve essere chiara la méta: arrivare a lasciar operare Dio nella nostra vita».

1° luglio 2024