La speranza è un esercizio, perché “I tempi cambiano”

Intervista a Pau, leader dei Negrita, in tour nei club italiani per 18 date. L’11 marzo il concerto all’Orion di Ciampino. Il cofanetto dal vivo “9 live”

Intervista a Pau, leader dei Negrita, in tour nei club italiani per 18 date. L’11 marzo il concerto all’Orion di Ciampino. Il cofanetto dal vivo “9 live”

I tempi cambiano e anche il mondo discografico ne subisce le conseguenze, per cui una rock band di ultra 45enni al giro di boa del 25° anno di carriera che ha voglia di “suonare elettrico” nei club italiani è una notizia, buona. Dopo palasport e arene estive, in Italia e all’estero, e una versione di “Jesus Christ Superstar” al teatro Sistina lo scorso anno, che li ha visti protagonisti, i Negrita tornano “on the road” nei club italiani (certo, non quelli piccoli degli inizi) per 18 date, fino al 3 aprile, facendo tappa all’Orion di Ciampino l’11 marzo. La band capitanata da Paolo Bruni “Pau” (voce, chitarra armonica a bocca), fondatore con Enrico Salvi alla chitarra, Cesare Petricich “Mac” alla chitarra ritmica e ai cori, e composta oggi anche da Cristiano Dalla Pellegrina “Cris” alla batteria, Guglielmo Ridolfo Gagliano “Ghando” al pianoforte e Giacomo Rossetti “Giacomino” al basso e cori, propone nei live una carrellata di successi, che trovano nuova maturità ed energia.

L’occasione è anche l’uscita di un cofanetto dal vivo dal titolo “9 live”, prodotto da Fabrizio Barbacci per Universal Music Italia, in uscita il 4 marzo, con un cd con nove versioni live tratte dall’album in studio “9”, dello scorso anno, due brani inediti – “I tempi cambiano”, con lo zampino di Ligabue nel ritornello, e “Quelli che non sbagliano mai” -, più una versione acustica del brano “Se sei l’amore”. Oltre al cd anche un dvd con le immagini del Mediolanum Forum di Milano del 18 aprile 2015 e un docufilm, intitolato “Under My Skin”, registrato al Grouse Lodge Studio di Rosemount in Irlanda, durante le sessioni di registrazione di “9”.

Nell’intervista con Pau, durante una pausa delle prove della data torinese del tour, partiamo proprio dal nuovo singolo “I tempi cambiano”, una  riflessione che lega la “rivoluzione” dei tempi moderni all’amore, l’unica cosa che resta con il rassicurante “io ci sarò sempre”, mentre “La primavera del millennio/ ha messo tutti contro tutti /hai chiuso le finestre ma lo sai ti pentirai /c’è questa nube all’orizzonte, che non fa capire niente / chissà se pioverà/ e c’è chi ha speso tutti i sogni / a seccare sul balcone / c’è chi cerca la fortuna in un’altra nazione / e c’è chi va/ comunque avanti e la paura non la sente / c’è chi pensa solo a se”.

All’inizio de “I tempi cambiano” si percepisce una sorta di rassegnazione con lo “smarrimento delle istruzioni” per le rivoluzioni” e un placido “I tempi cambiano ma io rimango qua/ se mi bombardano mi troveranno al bar”. Cosa volevate dire?
Raccontiamo una sorta di disincanto dilagante. Ho 48 anni, una figlia di 9, i tempi cambiano anche in famiglia ed è naturale fare considerazioni sul presente pensando al futuro. Arrivi a un punto con tante delusioni che ti fanno considerare la realtà con occhi diversi. Uno stato d’animo che nasce a partire dalla realtà che viviamo.

A quali “occhi di ragazzi” pensavate con il verso “cuori che strillano guardando in faccia il futuro”?
In verità ci siamo autocensurati, perché il testo all’inizio diceva “prendono a schiaffi il futuro”, ma ci sembrava che potesse essere frainteso. Comunque ci riferiamo a quei giovani che hanno ancora una scintilla negli occhi, che non sono rassegnati, quelli per cui niente è perduto, che nutrono speranza. Anche gli altri membri della band hanno figli adolescenti, quindi abbiamo un buon punto di osservazione sui giovani di oggi. Lo spazio che meritano deve arrivare, e se non arriva devono cercarselo da soli.

“Hai chiuso le finestre ma lo sai ti pentirai”, quindi non è giusto rassegnarsi?
La chiusura è sempre altamente sbagliata. Naturalmente questa è una metafora: chiudere le finestre nel senso di chiudersi alle diversità, all’altro. La finestra è la nostra testa, con le sue paure e le sue insicurezze. Chiudersi non serve a niente, da soli non siamo niente. Siamo un popolo mediterraneo, terra di contatti, di scambio, di commercio; l’apertura è radicata nella nostra storia, ma oggi sembra difficile.

Un tipo che nella storia si è tirato indietro è Ponzio Pilato, che tu hai interpretato in “Jesus Christ Superstar”. Che esperienza è stata?
Bella e costruttiva: ho imparato cose non avrei mai capito; seguire un copione preciso, cantare e recitare in costume, sono restrizioni che mi hanno dato delle regole che mi porto dietro, legate alla teatralità, all’esposizione espressiva. La parte di Pilato mi è piaciuta molto. Era un Pilato con forti dubbi, affascinato dal carisma di Gesù ma incapace di capire il valore del suo sacrificio.

Come stanno andando i live nei club e che canzoni proponete?
Siamo in pieno rodaggio ma siamo partiti con sprint, quindi sta andando benissimo. Tornare nei club, dopo 12 anni di spazi molto più grandi, è stato un piccolo passo indietro strategico, perché stiamo recuperando le radici del rock ‘n’ roll. Ci sono i brani dei primi album, tante hit per rendere giustizia al percorso che ci ha portato fin qui, e ci sono i brani un pelo più recenti, ma tutti con un sound muscoloso. Ci sono l’irruenza, l’energia e il sudore che sono propri del rock.

C’è ancora spazio per l’“amica speranza” di “Brucerò per te”, brano del 2011?
Quello era un brano molto personale, nato stando accanto a mia moglie durante una sua grave malattia. L’amica speranza è quella che ti dà fastidio quando stai male, ma se la usi come metodo, ti aiuta a superare i momenti più pressanti. Quando uno ha problemi si chiude e riccio, si mette in posizione fetale. E quindi la speranza è un esercizio che ti aiuta a uscirne.

4 marzo 2016