La solidarietà nascosta nel silenzio racconta il Natale

Nell’editoriale di monsignor Giuseppe Marciante* le stragi di innocenti dei nuovi “Erode”: dalla scuola di Peshawar alle tragedie dei migranti. Ma Natale non racconta solo questo 

Ci sono tutti i personaggi del presepe nella cronaca di questi ultimi giorni che precedono il Natale. Uno, in particolare, sembra occupare la scena, «Erode», che colleziona stragi di innocenti; l’ultima martedì scorso in una scuola a Peshawar, in Pakistan, dove hanno perso la vita 132 persone, di cui più di 100 bambini. I terroristi talebani hanno scelto con attenzione l’obiettivo da colpire – a detta di un loro portavoce – in modo da far provare lo stesso dolore che i talebani provano quando vengono presi di mira le loro famiglie e le loro donne.

Non si contano più le vittime di disumani atti terroristici, specialmente nell’area medio orientale, come in Siria, Iraq, Pakistan e non solo. Quello che crea sconcerto è che questi atti brutali vengono fatti in nome del «Dio Misericordioso». Non è questo il nominare il nome di Dio invano che suona come una bestemmia? Anche il Bambino, fragile e bisognoso di cure, è costantemente braccato al punto da fuggire in Egitto per non soccombere alla furia del tiranno. Così oggi molti profughi – uomini, donne, donne incinte, minorenni – inseguiti da un nemico: la guerra, un governo dispotico e sanguinario, la fame, la disoccupazione, la solitudine, la miseria, attraversano chilometri di deserto stipati dentro carri bestiame come carne da macello e dopo aver pagato la prima tangente ai predoni del deserto, si consegnano nelle mani di scafisti senza scrupoli che li imbarcano in quelle che vengono spesso descritte come «carrette del mare».

Prima della partenza versano la seconda tangente e poi si avventurano nel Mar Mediterraneo agognando le rive siciliane. Solo un episodio tra migliaia: nel 2011 ventidue egiziani sono stati sequestrati e detenuti da criminali egiziani, con l’aiuto di alcuni italiani, nello scantinato della tonnara di Santa Panagia, in provincia di Siracusa. Sono rimasti rinchiusi per otto giorni, senza acqua e senza cibo, nell’attesa che le famiglie, dall’Egitto, finissero di pagare il saldo della traversata in mare durata otto giorni e iniziata a Alessandria d’Egitto. Un vero e proprio traffico di esseri umani!

Purtroppo molti che iniziano il viaggio della speranza, non soccorsi in tempo, non sono mai arrivati alla meta perché fagocitati dal mare. Quanti arrivano vivi alle sospirate sponde iniziano una nuova terribile avventura, inseguono un sogno, ma spesso trovano un incubo. La terra dove approdano non offre molte prospettive e spesso li si respinge come ospiti non graditi, come è accaduto a Roma nei recenti fatti di Tor Sapienza e dell’Infernetto. «Erode» si ripresenta puntuale perché una grossa parte della gestione dell’accoglienza, in molti casi, cade nelle mani della criminalità organizzata. I fatti di questi giorni a Roma sono ormai cronaca nera.

Natale, grazie a Dio, non racconta solo questo: nel presepe, tra coloro che si muovono, ci sono gli angeli, i pastori e i magi, ma soprattutto c’è lui, il Bambino, con Giuseppe e Maria. In mezzo a tanta violenza, la speranza nasce caparbia, piccola, esile, fragile come un bambino. Nel mese di settembre scorso i miliziani qaedisti chiusero le condotte della centrale idrica di Suleiman an Nusra che fornisce acqua alla città di Aleppo: l’unica salvezza sono stati i pozzi, molti ormai in disuso e velocemente ripristinati, che stavano dentro i conventi, le moschee e gli ospedali. Chi ha vissuto l’esperienza racconta con commozione la visione di cristiani e musulmani in fila in chiesa per avere l’acqua e cristiani portare acqua ai vicini musulmani e viceversa.

In un convento delle suore francescane, sempre nella città di Aleppo, è stata organizzata una cucina per dare da mangiare a interi quartieri della città, più di diecimila pasti al giorno per tutti. I viveri vengono forniti da organizzazioni islamiche, i volontari sono cristiani e musulmani insieme e ogni giorno rischiano la vita durante gli spostamenti. Eventi come quelli che si vivono in Siria sono innumerevoli! Anche da noi, in Italia, a Roma, vi è una solidarietà diffusa silenziosa nascosta che racconta il nuovo che è già nato. «Proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,19). 

 * Vescovo Ausiliare per il settore Est

 

22 dicembre 2014