La sfida della pace: “Può la Chiesa fermare la guerra?”

Presentato il libro di Damosso, a 60 anni dalla Pacem in terris. A confronto, tra gli altri, Edith Bruck e Dacia Maraini. L’autore: «Dalle nostre biografie, il successo della pace»

La Chiesa può richiamare la coscienza umana universale e agire con iniziative nuove, abbattendo i muri dell’odio e dell’inimicizia, indicando la fraternità come prospettiva sicura di giustizia, solidarietà, inclusione e cura della terra. Da questa premessa, a sessant’anni dalla pubblicazione della Pacem in terris, ieri, mercoledì 17 aprile, si è tenuta la presentazione del volume “Può la Chiesa fermare la guerra?”, di Piero Damosso (Edizioni San Paolo 2023), nella sede del campus Luiss.

Alla domanda del titolo ha risposto per prima la scrittrice Edith Bruck, che per problemi di salute non ha potuto partecipare, ma ha inviato un suo videomessaggio, come ha spiegato la moderatrice della presentazione, la giornalista Silvia Barocci. «Secondo me no. La Chiesa non potrebbe mai interrompere le ostilità – ha evidenziato Bruck -. Non lo ha mai fatto in passato ed è molto difficile che possa accadere in futuro». Nonostante ciò, ha continuato, «è importante il dialogo tra le religioni, perché solo insieme si può migliorare, come ci insegna Papa Francesco». È necessario, ha concluso, «lasciare fuori da tutte le guerre il nome di Dio. Più l’uomo uccide, più muore dentro».

La scrittrice Dacia Maraini, che ha contribuito alla realizzazione del libro con la sua testimonianza del periodo di prigionia nel campo di concentramento giapponese di Nagoyo, è invece più ottimista. «La Chiesa può fermare la guerra, perché crea coscienza, sensibilità e responsabilità. Le religioni devono trovare un punto di incontro. La pace si costruisce anche attraverso il ricordo». D’accordo con lei Paola Severino, la presidente della Luiss School of Law. «Viviamo in un mondo nel quale la religione deve essere uno strumento di pace – ha detto -. Rappresenta una componente importante che può aiutare a riflettere. La scintilla che può riportare il mondo sulla via della ragione attraverso il dialogo».

Presente alla presentazione anche padre Enzo Fortunato, direttore della comunicazione della basilica di San Pietro, e coordinatore della prima Giornata mondiale dei bambini convocata dal Papa il 25 e il 26 maggio prossimi. «La Chiesa può fermare la guerra, se i potenti le danno ascolto – ha sottolineato il francescano -. Il Papa, prima che partissi per Kiev – ha raccontato -, mi ha consigliato di dire ai bambini ucraini che Dio non è crudele, è l’uomo che diventa crudele quando si sente Dio». Questa affermazione, secondo Fortunato, è il motivo di ogni guerra. Se si vogliono fermare i conflitti, ha aggiunto, «è necessario intraprendere la strada della “filocalia”, l’amore per la bellezza, insieme a quella della pazienza».

L’incontro, aperto dai saluti di Luigi Gubitosi, presidente dell’Università Luiss Guido Carli, che ha parlato del volume come «una grande esortazione alla spiritualità e alla ricerca della pace», si è concluso con l’intervento dell’autore. Damosso ha indicato quattro piste con le quali la Chiesa costruisce la pace. La prima è quella politico – diplomatica. «Occorre il coraggio di guardare aldilà di chi la pensa come noi e favorire ragionevoli mediazioni», ha sottolineato. La seconda è quella del dialogo interreligioso e della preghiera. «Insieme nella comune fede nel Dio della pace, cristiani, ebrei e musulmani possono veramente fermare i conflitti, nella fedele sequela di un Dio che è pace e fratellanza e non guerra», sono ancora le sue parole. La terza pista è rappresentata dagli artigiani della pace, «un mondo spesso nascosto, ma attivo. Mosso da una comune passione per la fraternità e il disarmo. L’ultima, promossa nel mondo dalla Chiesa a partire dalla Pacem in terris, è la democrazia», ha aggiunto.

Ecco che, ha concluso il giornalista, «se crediamo nella pace e non nell’inevitabilità della guerra, dipende dalla risposta di ciascuno di noi, che si rafforzerà tanto di più se non sarà isolata. Il successo della pace che verrà non sarà il merito di scelte solo individuali, ma parte delle nostre biografie. A problemi di sistema occorrono risposte di sistema. Ognuno svolgendo la propria missione di dialogo per la pace».

18 aprile 2024